Liverpool, crollo inatteso
È la stagione 2013/14.
I tifosi Reds stanno aspettando la Premier da ben 24 anni. Un’enormità per uno dei club più affascinanti e con più tradizione di sempre.
Allo stadio, come noto, campeggia la scritta “This is Anfield” a ricordare ai giocatori – avversari e non – che cosa significhi giocare per quella maglia o contro quella maglia. È là che pulsa il cuore del tifo Reds: la Kop Stand, leggendaria curva che all’inizio di ogni partita diventa un gigantesco muro di quasi 13mila sciarpe rosse sventolate cantando a squarciagola la celeberrima “You’ll never walk alone “. Se qualcuno dovesse spiegare ad un marziano sbarcato sulla terra che cos’è il calcio, probabilmente dovrebbe portarlo ad assistere a questo spettacolo da brividi.
This is Anfield
Ebbene, è la stagione 2013/14, dopo i parecchi successi a livello continentale c’è bisogno di vincere a casa. La Premier deve tornare a Liverpool.
Un attacco “on fire”, scatenato, 101 gol! La difesa…decisamente meno in palla: 50 gol subiti.
Come si suol dire: “l’attacco fa vincere le partite, la difesa i titoli” (variazione sul tema di “l’attacco fa vendere i biglietti, ma la difesa fa vincere le partite” di John Madden fra i migliori allenatori della NFL).
Tornando a noi… quell’anno Mr. Brendan Rodgers, dopo la sua prima stagione ad Anfield Road chiusa con un settimo posto, può contare sul miglior attaccante dell’anno: l’uruguaiano Luis Suarez.
Le sue statistiche sono folli: 33 presenze, 31 gol (nessuno su rigore), 12 assist e, tanto per gradire, Golden Boot, Player of the Season e PFA Player of the Year. Incredibile!
Insieme al cannibale, a formare il tandem d’attacco dei sogni, c’è Daniel Sturridge. L’esplosione del giovane è sbalorditiva: 29 presenze, 21 gol, 7 assist.
Mettiamoci pure che dalla squadra primavera arriva un giovanissimo Raheem Sterling, del quale il tecnico nord irlandese si innamora presto offrendogli ben 33 presenze coronate, nonostante sia spesso criticato per i troppi gol facili divorati, da 9 reti e 5 assist.
Dietro a questo attacco atomico c’è il mago: Philippe Coutinho, giocatore, in quegli anni, fenomenale. Uno dei suoi 5 gol è proprio contro il City ad Anfield nella vittoria che illude tutti.
A fare posto al brasiliano, ancora più dietro, riadattato, ‘è una leggenda vivente: il 34enne, naturalmente capitano, Steve Gerrard. 13 gol e 13 assist in stagione. Sbalorditivo.
Dunque, una squadra quasi inaspettatamente strapiena di talento (degno di nota anche tra gli altri capitan futuro Jordan Henderson), messa sapientemente in campo da Mr. Rodgers che nel corso della stagione gioca divinamente e regala spettacoli al cardiopalma ai propri tifosi e a tutti gli appassionati di calcio.
- 4 vittorie consecutive con ben 17 gol segnati a inizio stagione
- Stoke 3-5 Liverpool
- Liverpool 5-1 Arsenal
- Liverpool 4-3 Swansea (la partita del “segno io segni tu”)
- Man United 0-3 Liverpool
- Cardiff 3-6 Liverpool
- Liverpool 4-0 Tottenham
ed infine la già citata partita, meravigliosa, dell’illusione:
Liverpool 3-2 Man City, regalo incredibile degli avversari che lanciano Suarez e compagni inesorabilmente verso il titolo.
Un epilogo inimmaginabile
E invece…invece no, perché l’entusiasmo è seguito dal crollo, inspiegabile.
Contro il Chelsea, l’episodio più emblematico del finale di stagione tragicomico reds.
È il 27 aprile 2014, cicatrice indelebile nelle menti dei tifosi di Anfield. I Blues allenati da Josè Mourinho sono decimati: Cech Terry, Hazard, Eto’o e Ramires ai box. In più, il portoghese tiene a riposo – in vista della semifinale di ritorno di Champions contro l’Atletico – David Luiz, Cahill, Oscar, Willian e Torres. I 3 punti per la capolista sembrano già in saccoccia, ma non è così, perché qualcosa di incredibile sta per succedere. Proprio Gerrard, l’uomo più carismatico, fidato capitano e trascinatore, scivola nella propria metà campo, mancando il controllo di un pallone semplice semplice che gli era stato appoggiato da Sakho, lasciando così inesorabilmente in porta Demba Ba. La strada che porta alla vittoria finale per 0:2 dei londinesi è spianata. Segue quasi un tempo di catenaccio mourinhiano tra l’eloquente gelo dello stadio e il gol del raddoppio in contropiede nei minuti di recupero.
Una mazzata devastante, capace di far comparire degli spettri spaventosi in casa Liverpool. Probabilmente gli stessi materializzatisi allo Selhurst Park di Londra, contro il Crystal Palace, il successivo 5 maggio.
Quel giorno, gli uomini di Rodgers, guidano il risultato per 3 reti a 0 e sono in pieno controllo del match. Di fatto, concentrati solo sulla ricerca di altri gol che, oltre ad ingrassare il risultato, sarebbero fondamentali per ridurre la differenza reti con i rivali del City in ottica arrivo a pari punti a fine stagione.
Lo abbiamo detto, l’attacco quell’anno è sfavillante, ma non si può dire altrettanto della retroguardia. Ecco allora il gol dell’1-3, al 79esimo minuto, marcato da Damien Delaney. Panico, sconforto, crollo mentale. Chiamatelo come volete, sta di fatto che mancano 10’ alla fine e il Liverpool, che stava fino a quel momento giocando solo per cercare la goleada, ne prende altri due. La doppietta di Dwight Gayle fissa il risultato sul 3-3 e fa calare il sipario.
Lacrime e sconforto sono più che giustificate per Suarez e compagni. Quello è il giorno del sorpasso di un City al quale non resta che giocarsi le partite casalinghe contro Aston Villa e West Ham e sollevare al cielo la quarta Premier League della sua storia.
La meravigliosa giostra di Rodgers ha smesso di girare troppo presto. Il Liverpool dovrà aspettare altri 7 anni per laurearsi campione d’Inghilterra.
Succederà beffardamente nell’anno peggiore: quello senza che la tifoseria reds, tra le più emozionanti e storiche del calcio, possa recarsi allo stadio ad incitare i propri beniamini.
Non vi è dubbio, però, che quella squadra rimarrà negli occhi e nei cuori degli amanti di questo sport. Le lacrime di capitan Gerrard e compagni, dopo il terribile epilogo di questa gloriosa cavalcata, hanno probabilmente commosso tanti appassionati e sicuramente reso i loro tifosi ancor più orgogliosi e fieri della propria squadra.
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