Chievo, l'ultimo volo dei mussi
Estate 2006. La più calda, forse, degli ultimi 30 anni.
È l’estate del cielo che si tinge di azzurro sopra Berlino, con la truppa di Lippi che riporta il tricolore sul tetto del mondo, battendo la Francia all’Olympiastadion ai calci di rigore.
Ma è anche, purtroppo, l’estate di Calciopoli. I tribunali, sportivi e ordinari, si sostituiscono alla palla che rotola in rete nell’emettere sentenze e stilare classifiche.
Alla fine dell’uragano, ai vertici della classifica del campionato di serie A, appena conclusosi con la vittoria della Juventus di Capello, accade questo:
Ai bianconeri viene revocato il titolo e vengono retrocessi d’ufficio in ultima posizione. 30 punti di penalizzazione, invece, per Milan e Fiorentina, coinvolte anch’esse nello scandalo.
Ma, se i rossoneri riescono comunque a mantenere il piazzamento Champions, la Fiorentina finisce nelle nebbie della metà classifica.
La classifica aggiornata, quindi, vede nell’ordine: Inter, Roma e Milan ai primi 3 posti.
Ma agli occhi balza soprattutto la quarta in classifica, che andrà a giocarsi i preliminari per accedere alla Coppa dei Campioni: è il ChievoVerona.
La favola dei Mussi Volanti, la squadra del quartiere scaligero iniziata nel 2001 e che ha rischiato di far vacillare anche le superpotenze del nostro calcio, ora può scrivere una pagina assolutamente indelebile nel libro del giuoco del pallone.
L’esperto in miracoli
Secondo l’opinione di molti, la favola Chievo sarebbe dovuta terminare nell’estate del 2004, quando Luigi Del Neri, il maestro e artefice maximo dei successi gialloblu, accetta l’offerta del Porto per allenare in Primeira Liga. Avventura che, oltretutto, terminerà praticamente subito, a inizio luglio, per dissapori con lo zoccolo duro dello spogliatoio.
Gli addetti ai lavori non credono alla possibilità che il Chievo possa confermarsi ad alti livelli in serie A anche con un’altra guida tecnica. “Si salveranno probabilmente, ma le coppe europee non le sfioreranno più nemmeno col pensiero”.
I clivensi, con il mister di Aquileia, avevano infatti ottenuto, pochi anni prima, una storica qualificazione in Coppa Uefa, all’esordio nella massima serie. L’avventura si trasformerà in un cameo, con i Mussi Volanti subito schiaffati fuori dalla più esperta Stella Rossa di Belgrado.
La sempre lungimirante società del presidente Campedelli, sotto la magnifica direzione di uno dei migliori direttori sportivi del calcio italiano moderno come Giovanni Sartori, opta per una soluzione “casereccia”, se guardiamo il tutto da un punto di vista prettamente veneto. E affida le chiavi della squadra a Giuseppe Pillon, per tutti “Bepi”. Il Baffo Magico, capace, l’anno prima, di portare per la prima volta il piccolo Treviso in serie A.
Se ne intende di miracoli. E la speranza, in casa Chievo, è che possa ripetersi anche all’ombra dell’Arena.
Poteva andare peggio, molto peggio
L’idea, inizialmente visionaria, si concretizza in una solida realtà, dal momento che il Chievoverona conclude il campionato 2005-2006 in settima posizione, e si appresta perciò a ritornare, stavolta con maggiori consapevolezze e un bagaglio più pesante in termini di esperienza, in Coppa Uefa.
Ma l’infernale estate del 2006, come detto, stravolge tutto. E chissà a che livello sarà arrivata la frequenza cardiaca del presidente Campedelli, quando scopre che, a seguito delle sentenze, la sua squadra, la sua creatura si trova al quarto posto. E potrà ora cullare il sogno di entrare nella fase a gironi della Champions League. Il gotha del calcio europeo.
Il giorno del sorteggio, oltretutto, la Dea Bendata tende nuovamente la mano ai Mussi Volanti. L’avversario, da affrontare in una doppia sfida andata/ritorno il 9 e il 23 agosto, sarà il Levski Sofia. Campione di Bulgaria, sì. Ma sicuramente un avversario ben più abbordabile rispetto a Valencia, Ajax, Arsenal, Galatasaray e Liverpool, compagini che fanno compagnia ai draghi bulgari nell’urna di Nyon.
Il Chievo nell’inferno di Sofia
La gara di andata si gioca a Sofia, nell’impianto dedicato a Georgi Asparuhov. 18, quasi 19 mila spettatori sugli spalti. A rende ancora più calda un’atmosfera già di per sé afosa.
Il Levski di Stoliov è una squadra forte fisicamente e ben organizzata, nel suo 4-3-3. Nessun fenomeno in grado di far saltare il banco, ma tanti onesti operai pronti a tutto pur di inseguire il proprio sogno.
Il Chievo di Bepi Pillon, dal canto suo, presenta parecchie novità rispetto all’anno precedente. Solo il modulo non cambia, con il 4-4-2 diventato ormai marchio di fabbrica dei clivensi nel mondo.
In porta non c’è più Squizzi, ma Sicignano, arrivato dal Lecce. La linea difensiva vede gli inamovibili Moro e Lanna sugli esterni, mentre in mezzo giocano i giovani Andrea Mantovani e Giuseppe Scurto, prodotti del vivaio, rispettivamente, di Torino e Roma. Centrocampo: a destra il ficcante Franco Semioli, a sinistra Andrea Zanchetta, che, giocando a piede invertito, ha la possibilità di convergere al centro per agire quasi da trequartista, Matteo Brighi e Federico Giunti come perni centrali. Davanti, in coppia con il confermatissimo bomber italo-brasiliano Amauri, gioca il Tir Simone Tiribocchi, con la maglia numero 90.
Idea di gioco molto semplice: giocare sulle fasce per mettere cross interessanti per le punte. In alternativa si cercherà il tiro da fuori, con Zanchetta e Giunti.
Pronti via, e subito i ragazzi di Pillon si accorgono di avere di fronte un avversario che non solo va al doppio da un punto di vista atletico (il Levski ha iniziato la preparazione estiva con diverse settimane di anticipo rispetto al Chievo, e ha già un turno preliminare sulle gambe, vinto in carrozza contro i georgiani del Sioni Bolnisi), ma anche piuttosto dotato tecnicamente.
Al settimo minuto il piano-partita dei gialloblu è già da buttare. Iniziativa di Yovov sulla sinistra, cross basso al centro dell’area dove, tra le belle statuine della difesa, spunta Domovchiyski che spinge in porta l’1 a 0.
I Mussi Volanti reagiscono, con un destro da fuori di Zanchetta, di poco a lato. Ma rischiamo un attimo dopo, quando l’arbitro Jara nega un calcio di rigore piuttosto evidente ai bulgari.
Nella ripresa arriva il pareggio del Chievo, firmato da Tiribocchi. Ma sempre l’irreprensibile Jara annulla tutto, per un sospetto controllo di mano del Tir.
Quindi, dopo una serie di occasioni da una parte e dall’altra (incluso un palo di Mantovani di testa, su azione di corner), a 4 dalla fine arriva il raddoppio.
Stanislav Angelov cerca di passare in mezzo a due difensori, con un controllo a seguire di testa. Scurto lo tocca. Calcio di rigore e giallo per il centrale romano. Dagli 11 metri Bardon non si fa pregare e batte Sicignano (che pure intuisce la traiettoria del pallone).
2 a 0 Levski. Una seria ipoteca sulla qualificazione. Ma l’idea è che, quello visto a Sofia, non sia stato il vero Chievo. E che al Bentegodi, con due settimane in più di lavoro e con qualche rientro importante in rosa, l’impresa sia fattibile.
La dura realtà del Bentegodi
La sera del 23 agosto, al Bentegodi, ci sono 23mila spettatori sugli spalti. Alle poche centinaia di tifosi del Chievo si sono aggiunte migliaia di persone venute da tutta Italia per tifare i Mussi. Raramente, infatti, una squadra di calcio italiana ha saputo suscitare più simpatia e ammirazione del ChievoVerona di quegli anni.
Serve un’impresa da grande squadra, e Bepi Pillon decide di cambiare. L’acerbo Scurto viene sostituito da Mandelli, mentre Moro cede la fascia destra a Malagò. In mezzo al posto dell’indisponibile Brighi gioca Sammarco, mentre davanti, in supporto di Amauri, si sceglie di puntare sulla velocità supersonica di Sergio Pellissier (per anni il miglior calciatore italiano di serie A nei 100 metri).
Stoliov invece opta per il “squadra che vince non si cambia” e ripropone lo stesso schema tattico dell’andata, senza oltretutto arretrare di un centimetro il baricentro. “Andiamo a Verona a fare la partita, senza calcoli” le dichiarazioni nel pre-gara.
Andrà proprio così.
Al minuto 34, dopo un’azione composta da ben 12 passaggi consecutivi del Levski, il Chievo non riesce ad allontanare il pericolo dall’area di rigore. La palla arriva, al limite dell’area, a Telkyiski, che la addomestica prima di scagliare un fendente mancino che si infila nell’angolino alla sinistra di Sicignano.
A inizio ripresa chi si attende la reazione gialloblu rimane deluso. Pronti-via, ed è 2 a 0. Altro pasticcio in fase di possesso degli uomini di Pillon, altro fendente, questa volta destrorso, dal limite dell’area dello spauracchio Bardon. E il Levski manda il Chievo a letto senza cena.
L’orgoglio veronese, e la voglia di non uscire di scena nel silenzio della notte, porteranno poi alla doppietta di Amauri. Primo gol di testa, direttamente da calcio d’angolo. Secondo al volo, in acrobazia, su perfetto assist del fu-Eriberto Luciano. Ma oramai i buoi sono scappati, ed è inutile chiudere la stalla.
2-2, e a fare festa sono i bulgari. Che finiranno poi a 0 punti, in un girone di ferro comprendente Chelsea, Barcellona e Werder Brema.
Il Chievo, invece, saluta forse per sempre le coppe europee, trainandosi dietro un trolley ricco di soddisfazione, ma anche di rimpianti.
Quell’anno i Mussi Volanti torneranno addirittura ad assaporare il gusto amaro della retrocessione. Nemmeno il vecchio amico Gigi Del Neri, subentrato a Pillon dopo un avvio caracollante in campionato, riuscirà a salvarli. La sconfitta all’ultima giornata contro il Catania, nel neutro di Bologna, sancirà il ritorno della squadra di quartiere di Verona in serie B.
Ad appena pochi mesi di distanza, da quel sogno dalle Grandi Orecchie.