Enzo Maresca, esiliato e felice
Mentre il football britannico, iper tradizionalista da sempre, scopre quello che già molti chiamano “dezerbismo”, e mentre in Italia si plaude l’ottimo impatto avuto dallo stesso Roberto De Zerbi con un calcio che, secondo molti, sarebbe stato incompatibile con il suo “credo”, un piano più sotto, nell’infernale Championship Inglese (l’equivalente, per categoria, della nostra Serie B, ma secondo parecchi addetti ai lavori uno dei campionati più avvincenti del mondo) crescono le idee di un altro nostro connazionale, intento a riportare in alto una nobile decaduta della Premier League: il Leicester City.
Enzo Maresca, alla guida delle Foxes, guarda al momento dall’alto in basso tutte le altre 24 squadre del campionato, e si prepara a spiccare il volo verso la Premier League, per andarsela a giocare con i migliori, tra i quali il suo stesso maestro, Pep Guardiola, che avrebbe fatto carte false per tenerselo con sé nella metà azzurra di Manchester.
Non apprezzato a dovere in Italia, da giocatore prima e da allenatore ora. Enzo vive questa specie di esilio con il sorriso stampato sulla bocca. Pronto a farci mangiare le mani per non avergli dato il tempo necessario per esprimersi, e per contaminarci con le sue idee. Che oggi invece hanno messo le ali pure alle “volpi”.
Dalle Midlands alle corna
Che ci fosse l’estero nel proprio destino, il giovane Enzo lo capisce già all’inizio del proprio percorso. Dopo diversi anni trascorsi a metà tra Milano (sponda rossonera) e Cagliari, le prime presenze da professionista le fa vestendo la maglia del West Bromwich Albion, squadra delle Midlands occidentali.
Tornato in Italia per la non indifferente cifra di 10 miliardi di lire, sborsata dalla Juve dell’allora direttore Moggi, si ritaglia subito il proprio spazio, fino a comparire sempre più spesso nelle rotazioni della fenomenale squadra bianconera.
Agli onori della cronaca, però, ci passa soprattutto per un esultanza di scherno, fatta dopo un gol decisivo segnato al Torino in un derby della Mole, in cui Enzo mima le corna del Toro, scimmiottando quanto era solito invece fare Marco Ferrante, bomber granata. Un gesto guascone, sicuramente provocatorio ed evitabile, ma che a 22 anni ti potrebbe pure tranquillamente essere perdonato. Invece gli viene subito appiccicata una misteriosa etichetta: quella del ragazzo ribelle, un po' pazzo, per certi versi problematico.
Quando approda a Firenze, mister Mondonico avverte tutti: “Signori, attenzione: questo è un giocatore completo!”. Ma il calcio italiano fa orecchie da mercante. E Maresca inizia così un infinito Erasmus in giro per l’Europa.
5 stagioni a Siviglia dense di successi, dove oltretutto diventa uno dei leader dello spogliatoio andaluso. Poi ad Atene con l’Olympiakos e da lì a Malaga, per poi tornare nel Bel Paese e chiudere la carriera con addosso i colori di Sampdoria, Palermo e Verona.
Una volta deciso di intraprendere la carriera di allenatore, passa una stagione ad Ascoli ad affiancare Fulvio Fiorin, in attesa di poter conseguire il tanto agognato patentino. Una volta concluso il percorso di formazione, l’unica chiamata convincente per Enzo arriva, ancora una volta, dall’estero.
A lezione da Pep
A dicembre del 2017 Vincenzo Montella lo riporta a Siviglia, ma il sogno di Enzo rimane un altro, che assomiglia di più, nel suo caso, a un conto in sospeso: l’Inghilterra e la Premier League.
A maggio dell’anno successivo, di conseguenza, non esita minimamente ad accettare la proposta di andare ad aiutare Manuel Pellegrini al West Ham. Due anni più tardi invece lo contatta il City, che gli propone di guidare la Elite Development Squad, una sorta di Primavera nostrana. Tra i fumi delle fabbriche di Manchester Enzo ha l’opportunità di lavorare fianco a fianco con un vero e proprio fenomeno del mestiere, capace di farlo meglio di tutti quantomeno negli ultimi 15 anni: Pep Guardiola.
Scopre subito una comunità di visione con l’allenatore catalano, e tra i due il feeling è immediato. Da lui, Maresca, assorbirà quanti più segreti possibili, come una spugna, trattenendoli a sé in attesa di poterli mettere in pratica alla prima occasione utile.
Possesso palla, 4-3-3, scambi rapidi e ravvicinati, aggressione alta del portatore, ricerca ossessiva degli spazi, rinuncia quasi totale a un riferimento offensivo. Osservare allenare Guardiola è un qualcosa che non può non ispirarti. Chi ne rimane indifferente probabilmente non ama il gioco del pallone, oppure è semplicemente un individuo apatico, incapace di provare un qualche tipo di emozione.
Nel 2021 si mormora che Guardiola, orfano da un paio di stagioni del fido Mikel Arteta, il suo miglior assistente, passato all’Arsenal per provare a costruire un alto impero, volesse Maresca al suo fianco. Ma Enzo nel frattempo ha già preso il volo di ritorno, destinazione Parma. Ingaggiato dalla neoretrocessa formazione ducale per tentare un’immediata risalita.
“Arrivo, cari amici italiani. Vi faccio vedere io chi sono”
Posto sbagliato, momento sbagliato
Inutile nascondersi la verità: al vero esame con il calcio italiano per Enzo arriva una netta bocciatura.
Troppo presto, forse, persino per le sue idee. In un ambiente oltretutto avvelenato da una stagione nefasta in Serie A, e in cui in sede di calciomercato si tarda a dare un deciso colpo di ramazza per iniziare un nuovo ciclo.
L’idea di portarsi il giovanissimo Adrian Bernabè, centrocampista spagnolo nutrito fin dall’infanzia a latte e talento, è giusta. Ma lo si scoprirà solamente qualche anno più tardi.
Il Parma 2021-2022 è una squadra in piena transizione, e che fatica ad adattarsi a un campionato difficilissimo, come quello cadetto, nonostante l’esperienza di elementi come Gianluigi Buffon, tornato a chiudere la carriera là dove tutto, diversi anni prima, era magicamente iniziato.
Maresca parte malissimo, perdendo già all’esordio in Coppa Italia contro il Lecce. In campionato l’avvio è anche convincente, ma dalla quarta giornata la squadra entra in un clamoroso loop negativo che porta a 3 sconfitte ed altrettanti pareggi. Il 21 novembre il Parma pareggia al Tardini anche contro un Cosenza in nettissima difficoltà (1-1), e la società decide di esonerare l’allenatore, affidando le chiavi a un vecchio lupo come Giuseppe Iachini.
Ma chiusa una porta, per Enzo si apre un mitologico portone, dal momento che in estate Pep lo richiama, per entrare stavolta a tutti gli effetti nello staff tecnico della prima squadra del Manchester City.
A fine stagione arriverà il clamoroso treble, composto da Premier League, Coppa dei Campioni ed FA Cup.
Le Foxes di Enzo
Se per certi versi andare ad allenare il retrocesso Leicester possa a molti assomigliare all’aver accettato la panchina del Parma, la realtà è ben diversa.
Innanzitutto perché Enzo è un uomo che sa imparare dai propri errori. E sa perfettamente che stavolta non dovrà partite in quarta, imponendo la sua idea. Ma dovrà bensì prima valutare il materiale a disposizione, per poi, gradualmente, intervenire.
In secondo luogo perché a Leicester si decide, con coraggio, a dare un taglio secco con il passato, per quanto recente e glorioso, e di ripartire puntando sui giovani.
In rosa, della squadra campione con Ranieri, rimangono solo Albrighton e Vardy, due splendidi soldati deditissimi alla causa. Dalla precedente stagione scelgono di rimanere anche tre elementi che poco hanno a che fare con la Championship, come il nazionale nigeriano Iheanacho, il centrocampista belga Praet e il funambolico zambiano Patson Daka. Per il resto spazio alla linea verde, con i vari Mavididi, Dewsbury-Hall, McAteer, e Doyle.
Una squadra così è perfetta per le idee di Enzo. Aria nuova, spogliatoio rinnovato, scevro da contaminazioni negative e pronto ad ascoltare le idee del nuovo sceriffo posto al comando. Si comincia a lavorare, mettendo insieme un pezzo alla volta. I risultati, poi si vedranno.
Il Leicester, come detto, al momento comanda in solitaria la classifica. Nemmeno altre nobili decadute, e ricche di giocatori importanti, come Leeds e Southampton, sono finora riuscite a tenere il passo fino in fondo. Stessa cosa si dica per il sorprendente Ipswich.
La strada verso la Premier è ancora lunga, perché 46 giornate di campionato sono davvero un qualcosa di molto simile ad un’eternità, ed Enzo è autorizzato a fare tutti gli scongiuri possibili.
Ma noi, italiani, rei di averlo esiliato, non vediamo l’ora di vederlo spiccare il volo. E, perché no, anche di mangiarci le mani, come già sta accadendo per il buon Roberto De Zerbi.
Racconto a cura di Fabio Megiorin