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Simone Padoin, Il padoinismo

Il campione normale. Il professionista impeccabile. Il tuttocampista. Il nobile gregario. In poche parole: Simone Padoin.
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Simone Padoin - Illustrazione di Tacchetti di Provincia

La storia dell’uomo celebra, da sempre, la straordinarietà di alcuni individui. Esseri speciali con doti fisiche o intellettuali straordinarie, che nel tempo hanno consentito loro di compiere imprese o gesta epiche.

Ma gli eroi di cui più facilmente ci innamoriamo e appassioniamo sono quelli che hanno fatto della semplicità la loro arma migliore. Che hanno saputo darci l’impressione di essere come noi, e allo stesso tempo speciali e particolari.

Uomini come Simone Padoin. Oggi vogliamo celebrare lui, come persona, professionista e calciatore.

E inaugurare la nascita di un nuovo culto, teso a glorificare tutti quelli che, come Simone, hanno saputo scrivere la storia senza per forza essere “supereroi”.

Questo culto lo chiameremo: IL PADOINISMO.

Quello che di Padoin si dice

Per imparare ad amare Simone Padoin non vi servirà a nulla cercare su Youtube il classicissimo e scontatissimo video “Padoin – Skills, goals and assist”. Né sarà utile cercare record da lui infranti, o andare a leggere la bacheca dei trofei collettivi e individuali vinti (per quanto essa sia, comunque, ben fornita).

Amare Simone Padoin vi sarà piuttosto facile se avete avuto la fortuna di vederlo indossare la maglia della vostra squadra del cuore o, meglio ancora, di condividere uno spogliatoio con lui. 

Qualora la vita non vi avesse dotato di tali privilegi, chiedete pure a chi invece ha potuto farlo.

Sicuramente,tutti inizieranno a parlarvi di Simone, come uomo, marito, papà, amico e compagno di squadra.

Un giorno interno a casa di Simone Padoin

Vi racconteranno del suo attaccamento alla famiglia, e ai valori che da sempre gli sono stati trasmessi. Di quel viso da bravo ragazzo, che nient’altro cela se non che un vero, reale bravo ragazzo.

Della sua disponibilità quasi totale, della sua dedizione, del suo infinito spirito di sacrificio. Di come riuscisse sempre, alla fine del proprio lavoro,a  consegnare al magazziniere la maglia sudata fino all’ultimo millimetro di tessuto.

Vi racconteranno poi dell’umiltà, della consapevolezza della propria forza pari a quella dei propri limiti. Di come non abbia mai storto il naso nel non leggere/sentire il suo nome tra gli “11 che partono”. Come non si sia mai permesso di gettare una maglia a terra o di tirare un calcio alla borraccia dopo una sostituzione magari anche immeritata. Di come sia sempre stato il primo a spendere altri, ennesimi metri di corsa per andare ad abbracciare il compagno che ha segnato. Di come abbia sempre saputo coniugare una grinta e una determinazione fuori dal comune con una fedina penale praticamente intonsa nel rettangolo di gioco.

Niente interventi rovina-carriera, niente falli di reazione o gialli per proteste. Niente sceneggiate simulatorie, niente tranelli volti a ingannare.

Vi parleranno così. E avranno ragione. Perché Simone Padoin era tutto questo. E molto di più.

Quello che di Padoin si dice troppe poche volte

Ma sarebbe limitativo e ingeneroso, nei confronti suoi e del gioco, fermarci qui.

Perché Simone Padoin è stato anche un Calciatore. Un signor Calciatore, degno di meritarsi la C maiuscola.

Dalle giovanili a Bergamo fino agli esordi a Vicenza. Passando per Atalanta, Cagliari e Ascoli. Fino agli anni in bianconero, alla Juventus. Dove si è appropriato degli allori che avrebbe in ogni caso meritato, vincendo quasi tutto.

In tutto il suo percorso Simone è stato tutto. Tanto da risultare difficile collocarlo barbaramente in un ruolo.

Difensore e terzino, in principio e in fine. Centrocampista di contenimento, ragionatore, mezzala d’incursione, mediano di rottura o tornante perdifiato. 

Ha fatto davvero ogni ruolo. Motivo per il quale un signore del calcio, come Antonio Conte, non ha esitato a portarselo all’ombra della Mole, dopo averlo conosciuto a Bergamo.

Perché se vuoi vincere, hai bisogno di un giocatore così.

Dove c’è un buco, dove manca qualcuno, dove non sai chi mettere per ottenere ciò che vuoi, Simone Padoin stà. 

Come quelle fanciulle talmente belle da poter suscitare meraviglia con addosso un abito firmato piuttosto che con un sacco di canapa modellato a dovere.

Quello che sapeva fare, lo offriva. Quello che non sapeva fare, lo imparava. E in caso di concorrenza esagerata, si accomodava e osservava. Cercando di rubare qualche segreto, indipendentemente dall’età che l’anagrafe ti attribuisce, e di intuire il modo per rendersi comunque utile.

Il giocatore di tutti

Simone Padoin ha ricevuto amore. Da tutti. Ogni piazza che ha calcato, ogni platea che ha appassionato lo ricorda con immutato affetto.

A Vicenza hanno assistito maternamente alla sua nascita e crescita calcistica. In quel di Bergamo lo hanno coccolato come fosse a casa, perché quella era, ed è tuttora, effettivamente casa sua. A Torino lo chiamavano “il talismano”, sapendo di aver visto la propria maglia indossata da giocatori più forti, ma consapevoli che, parole del club il giorno del suo addio al calcio, “uno come lui non si dimentica”. A Cagliari e ad Ascoli hanno saputo apprezzare il suo arrivare in punta dei piedi, senza atteggiamenti da superstar di categoria superiore, ma da nobile gregario col solo desiderio di fare quello che più ama nella vita.

Simone Padoin nelle parole di Federico Buffa

Venite adoremus

E allora parlate, voi che lo avete visto e conosciuto! Raccontate chi è stato Simone Padoin.

Spiegatelo alle nuove generazioni. Che gli scudetti non li vincono solo quelli che Dio ha dotato di un talento superiore. Ma che molti successi passano proprio per giocatori così, che con la propria dedizione e il proprio spirito di sacrificio hanno saputo lasciare un segno. Farsi ricordare. Farsi amare.

Ora che ha appeso al triste chiodo i fatidici scarpini dice che il suo sogno sarebbe “allenare una giovanile”. Dategliela! Fateglielo fare. E sia mai che un giorno anche un solo, piccolo, Simone Padoin possa affacciarsi al nostro beneamato sport. E tutti sappiamo quanto bisogno abbiamo di gente così.

Unitevi a noi gente. Celebriamo e onoriamo insieme il mito del “campione semplice”.

E se credete, come Johan Cruijff, che “giocare un calcio semplice sia la cosa più difficile” capirete che vi stiamo parlando di un vero fenomeno.

Benvenuti nel Padoismo, signori! 

10, 100, 1000 Simone Padoin.

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