Vinnie Jones, Tremendamente cattivo
Avete presente quelle nottate passate in campeggio con i propri amichetti, nelle quali a un certo punto, ciascuno dentro il proprio sacco a pelo, a qualcuno viene la malsana idea di raccontare storie da paura? Un pò per passare il tempo, un pò per provare il brivido, l’angoscia, l’adrenalina.
Ecco, dev’essere successo che, da qualche parte, nel Regno Unito, un ragazzino se ne sia venuto fuori dicendo: “Ragazzi, se volete ce l’ho io una storia veramente da brividi!”
“Eh dai, raccontacela allora!”
“Peggio per voi! Vi racconto la storia di Vinnie Jones!”
La Crazy Gang di Wimbledon
Vinnie Jones. Tra la fine degli anni ’80 e ’90 il solo nome bastava per seminare il panico. Per qualcuno, il giocatore più cattivo della storia. Difficile dar torto, se non è il peggiore và comunque in zona medaglie. Per altri, semplicemente, un efficace mediano di rottura. Sarà solo da capire cosa andava a rompere: se il gioco o i malleoli degli avversari.
A dare celebrità, a un energumeno che altrimenti avrebbe arato i campi della periferia suburbana inglese, una delle squadre più iconiche che il football britannico abbia mai conosciuto: il Wimbledon 87-88. La “Crazy Gang”, come la storia li ricorderà in eterno. Un branco di scavezzacollo, capitati chissà come su un terreno di gioco, per di più tutti insieme nella stessa squadra.
Un’accozzaglia di fisici dotatissimi e pieni poco educati. Capaci però, in una splendida FA Cup, di imbrigliare squadroni imbottiti di campioni. E di battere il plurititolato Liverpool di Kenny Dalglish, regalando alla capitale del tennis mondiale un titolo indimenticabile.
Di quella squadra Vinnie Jones era uno degli elementi cardine. E grazie a quella banda di matti il suo nome cominciò a girare tra gli scout delle big inglesi.
Don't mess with Vinnie
L’immagine che consegnerà Vinnie Jones per sempre alla storia del gioco è la ormai celeberrima strizzata ai testicoli di Paul Gascoigne, il quale quel pomeriggio scoprì che non solo nel paese esistava qualcuno di pazzo almeno quanto lui, ma ci stava addirittura condividendo il campo.
Le statistiche parlano di un numero record di cartellini rossi in Premier League, ben 12. Solo Roy Keane, altro noto tranquillone, riuscirà poi a fare meglio (o peggio, dipende).
Ma l’immagine che forse descrive meglio chi sia Vinnie Jones risale alla partita del 21 marzo 1992 tra Chelsea e Sheffield United. Vinnie è appena passato dai Blues ai Blades, e 3 secondi (attenzione: TRE SECONDI) dopo il calcio di inizio falcia, in maniera davvero dura, un avversario, che si era oltretutto già liberato del pallone. Inevitabile il giallo istantaneo (perchè siamo in Inghilterra, altrimenti chissà).
Carlos Tevez riuscirà, nel corso della sua ultima esperienza al Boca Juniors, a eguagliare tale record. Ma in quel caso vi erano acredini con l’avversario nate già nel tunnel degli spogliatoi, e proseguite in campo.
Nel caso di Jones, invece, no: il suo è un intervento totalmente gratuito. Un biglietto da visita, una dichiarazione d’intenti. Come a dire “ti faccio vedere subito qua in mezzo chi comanda”.
Per info citofonare a Gary Stevens, ex difensore del Tottenham, costretto a terminare anzitempo la carriera dopo che un intervento dello stesso Vinnie gli aveva spappolato una gamba.
Il fascino dell'antagonista
Ma, proprio come tutti i cattivi, dalla Walt Disney in poi, anche un duro tremendo come Vinnie Jones è sempre stato dotato di un qualche tipo di fascino.
Sarà quell’espressione tipico di chi nella propria esistenza ha sorriso poche volte, sarà quell’aria da eterno incazzato col mondo.
Sta di fatto che nemmeno Hollywood seppe resistere. Regalando a un Vinnie Jones oramai ostracizzato dal mondo del pallone, per via di una biografia in cui insegnava agli altri giocatori come essere dei veri duri, una seconda vita. Da “Fuori in 60 secondi”al più recente “Deception”. Sono parecchie le pellicole in cui è apparso.
Per fare la cosa che gli è sempre riuscita meglio: il ruolo del duro. Dell’uomo che non deve chiedere mai. Di quello con il quale è meglio non prendersela.
Quel qualcosa di magico che gli ha permesso di arrivare sin dove è arrivato, senza possedere uno specifico talento.
Solo con la fame, la voglia, la consapevolezza di saperci morire in campo, pur di non concedere mezzo centimetro agli avversari.
Alla fine, c’è bisogno anche di gente così. Se non ci fosse il male non si saprebbe riconoscere il bene.
Grazie di non essere mai cambiato Vinnie. Ci hai regalato una storia, anche se non dell’orrore, da raccontare agli amici, in campeggio, nel sacco a pelo.