Matthew Le Tissier, Rotta per casa di Dio
Un paio di miglia a sud del Common, l’iconico parco della città di Southampton, sorge il The Dell: lussuosuo complesso residenziale formato da un rettangolo di condomini. Una delle zone più chic della città del Titanic, con appartamenti dotati di giardino interno e parcheggio.
Come detto, questi condomini si dispongono a rettangolo, e visti dall’alto hanno le sembianze di uno stadio.
E in effetti questo una volta era uno stadio. Anzi, la “Casa di Dio”.
Nulla di mistico, niente di trascendentale. Semplicemente il The Dell era lo stadio del Southampton, e dunque il principale teatro di esibizione di Matthew Le Tissier, detto, appunto, “Le God”.
E fino a pochi giorni prima della sua demolizione, tutti coloro che vi entravano sopra il cancello principale potevano leggere il cartello “Benvenuti nella Casa di Dio”.
E non è un’esagerazione. Perché per i tifosi dei Santi Le Tissier è stato forse anche qualcosa di più.
Capitano della propria anima
Le Tissier, da cittadino come da calciatore, ha sempre avuto la possibilità di scegliere.
Da cittadino perché nasce nell’isola di Guernsey, territorio britannico nonostante le uniche coste visibili, da lì, siano quelle francesi. Ma per quanto dipendente dalla Corona, Guernsey non appartiene al Regno Unito. Pertanto chi vi nasce può considerarsi indifferentemente inglese o scozzese, piuttosto che gallese o nordirlandese. E i calciatori che qui nascono possono giocare in una delle 4 nazionali, a loro sentimento.
Matthew non ha mai avuto dubbi: in barba alle sue lontani origini francofone, dalle quali ha ereditato solo il cognome, ha sempre scelto i Tre Leoni, l’Inghilterra.
Da calciatore perché, nel corso della sua carriera, tutte le big della Premier League avrebbero fatto carte false per averlo con sé. Dal Liverpool al Manchester United, passando per Arsenal, Chelsea e Tottenham.
Ma, anche qui, Matthew non ha mai avuto dubbi: si è sposato con la città di Southampton, e ne è nato un amore viscerale ampiamente corrisposto. Nemmeno le bombe della Luftwaffe, che durante la seconda guerra mondiale rasero praticamente al suolo la città, potrebbero mai strapparlo da lì.
In poche parole, Le Tissier è stato sempre artefice del proprio destino.
E come tutti coloro che posseggono questa virtù, si è divertito: a far divertire e patire, a momenti alterni, le anime di coloro che pendevano dalle azioni.
Come fosse un Dio dispettoso, che si diletta a giocare con le emozioni degli esseri umani.
Never ordinary
Calcisticamente parlando, si tratta di un giocatore unico.
Trequartista puro, vero 10, che ha insegnato al mondo come si possa pensare e creare calcio geniale anche nei fangosi campi inglesi.
Unico anche perché non è mai c’entrato nulla con tutto quello che lo circonda.
A vederlo in borghese, non scommetteresti un penny che quel cicciottello lì di mestiere fà il calciatore. Un albino se messo a confronto con i fisici di compagni di squadra e avversari.
Il suo enorme talento, il suo genio poco o nulla c’entrano con la squadra per la quale gioca e ha sempre giocato, il Southampton. Un club che di gloria ne ha vista, ma col contagocce, e dove spesso a farla da padrone è la mediocrità.
E poi, quando entra, è l’unico in grado di dare svolte improvvise alla partita. Un urlo nel silenzio generale, una voce fuori dal coro. Se Le Tissier è in campo sai che può succedere davvero di tutto.
Le prodezze di Le God Le Tissier
Formidabile nel tiro da fuori, un cecchino dal dischetto (un solo errore in carriera), fantascientifico nelle giocate, esiziale sotto porta. E chi lo ha mai visto un giocatore così?
Segna, tanto. Anche da giovanissimo (169 gol in un unico trofeo giovanile). 161 alla fine le sue marcature in 443 presenze con i Saints.
Mai gol banali, quelli no. Le reti a porta vuota, o su tap-in dopo la respinta del portiere li ha sempre segnati, ma mal volentieri. Perché lui è un artista, lui è Dio, e in quanto Dio deve sempre far capire a tutti dove possa arrivare la sua onnipotenza.
Lo hanno spesso fischiato a Manchester i tifosi dello United, fischi di paura per lo più. Ma in realtà gli devono quasi tutto. Perché quando, da 18 enne, segna una doppietta ai Red Devils in Coppa di Lega, convince la dirigenza ad esonerare Ron Atkinson; al suo posto arriva Alex Ferguson, non ancora Sir, e il resto è storia. Poi, sempre contro lo United, segnerà uno dei suoi gol più belli della carriera: un lob inconcepibile ai danni di un attonito Schmeichel.
Contro il Newcastle un’altra perla: controllo di tacco a seguire, dribbling secco sull’avversario, sombrero sull’ultimo difensore e destro liftato che muore all’angolino. Come si dice oltremanica, WHAT A BEAUTY!
E come questi tanti altri gol si contano messi a segno da Le God. Sempre così, mai banali, mai qualsiasi. La genericità non gli appartiene.
L’unico amore non corrisposto: la Nazionale
L’unica circostanza in cui non può scegliere il proprio destino è con la Maglia dei 3 Leoni. In Nazionale Le Tissier non ci va, quasi mai. Tanto invocato dal pubblico quanto ignorato dai vari commissari tecnici. Che mai, oltretutto, hanno avuto dalla loro coppe e titoli per giustificare tanta miopia.
Le sole 8 presenze con la maglia dell’Inghilterra, l’ultima delle quali nel 97 contro l’Italia, resteranno forse l’unico rimpianto di un uomo che mai, nella vita o nella carriera, si è voltato indietro per vedere cosa aveva lasciato.
“Questa è casa mia e qui comando io”
Come detto, oggi quella che una volta era “La Casa di Dio”, il The Dell, è un complesso residenziale. Lo stadio ha chiuso i battenti nel 2001, quando già era pronto, poco più a est, in riva al fiume, il St.Mary’s .
L’ultima partita giocata qui è un Southampton-Arsenal. Al 90esimo Le Tissier, fuori forma e malconcio negli ultimi anni della sua carriera, si trova la palla tra i piedi dopo un lungo rinvio del portiere. La aggancia e con l’eleganza che lo ha sempre delineato come numero 10, la spedisce sotto l’incrocio dei pali della porta difesa da Seaman.
Gol. E, tanto per cambiare, tutta Southampton ai piedi di Matthew.
A fine gara non c’è rammarico, nessuna lacrima né recriminazione. Solo la consapevole accettazione che da lì in poi la casa dei Saints sarà un’altra.
Perche Dio si è, per un’ultima e decisiva volta, preso la sua.