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Mark Viduka, Quando i canguri fanno Gol

Dalla terra dei canguri al campionato più bello del mondo.L’incredibile viaggio di un bomber di nome Mark Viduka. Un pò ucraino, un po’ croato, australiano per il resto. Che a momenti, nel 2006…
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Mark Viduka - Illustrazione di Tacchetti di Provincia
" Quando i canguri fanno gol… è Mark Viduka! È Mark Viduka! "

Se fossero mai esistiti dei tifosi australiani di chiara origine italica e con una malcelata passione per la musica italiana (o anche solo per il Festival di Sanremo), ce li immaginiamo così, birra gigante in mano, a cantare questo coro.

Mark Viduka è stato probabilmente uno, se non il, miglior giocatore che il giovane soccer australiano abbia mai conosciuto. Come lui forse solo Harry Kewell e Tim Cahill. Ed è curioso pensare che, per anni, i 3 hanno pure giocato insieme con la maglia dei Socceroos.

Forse ve li ricorderete, dato che, a momenti, con quel volpone di Guus Hiddink in panchina, ci sbattevano fuori dalla nostra personalissima favola del mondiale del 2006.

Faceva gol Mark Viduka. Ne ha fatti tanti. Prima in Australia e poi in giro per il mondo.

In poche parole: è stato il canguro più prolifico dell’universo.

Calcio e canguri

In una terra dove, con palla e prato verde, ci hanno sempre un po’ fatto quello che volevano, fino addirittura ad inventarsi un loro personalissimo sport (un misto di calcio, rugby e lotta libera), nel 1975 nasce a Melbourne Mark Viduka.

Madre ucraina, papà croato. Lo abbiamo già visto in tante altre storie: quando nel sangue si mischiano così tante culture, abbiamo la certezza di trovarci di fronte non a una persona qualunque.

Prima passione (da sempre): il calcio.

E infatti a 18 anni Mark sta già vincendo e segnando con la maglia dei Melbourne Knights. 

Sia chiaro: il calcio australiano, ancor più quello di inizio anni ’90, è ben lontano dai normali livelli di competitività.

Ma una media reti di quasi un gol a partita a un età così giovane meritano le attenzioni dei club del Vecchio Continente, che si interessano da subito al ragazzo.

L’uomo del presidente

In realtà Viduka arriva in Europa più per motivi politici che per le sue indiscusse doti tecniche.

In una Croazia sconquassata dalla guerra, Franjo Tudman, presidente dell’Unione democratica Croata, convince l’allora Croazia Zagabria (poi divenuta Dinamo) a riportare in patria questo talento, nelle cui vene, come abbiamo visto, corre sangue slavo.

La sua idea è semplice: convincere i croati che negli anni precedenti se ne sono andati a tornare in patria. Per ricominciare tutti insieme. Come una grande nazione.

Viduka, che in effetti sognava fin da bambino di giocare per lo Zagabria, ha un impatto devastante.

In 3 stagioni e mezzo segna 38 gol, e ripopola la sala trofei dell’odierna Dinamo.

Tutto lascia pensare che sia l’inizio di un’epopea trionfale. Ma, come spesso accade nell’ex nazione che solo Tito teneva unita, le cose cambiano rapidamente.

L’equilibrio politico si rompe. Tudman viene pesantemente contestato, e con lui Viduka, visto come l’”uomo del presidente”. Segna e lo fischiano, gioca bene e nessuno lo applaude.

Robe che a momenti Mark ci perde la salute. Tocca andare via. È arrivata una chiamata da Glasgow, il più distante possibile da quella polveriera. Si vola

La coppia dei sogni (infranti)

Ai nostalgici del football come noi non può scendere una lacrima a pensare alla coppia gol che il Celtic quell’anno riesce a mettere in piedi: Mark Viduka – Henrik Larsson.

La mascella volitiva dell’australiano e i dread dello svedese. Potenzialmente un duo da 70-80 gol.

Mark Viduka con la maglia dei Celtic. Un,’unica stagione condita da 27 reti in 37 presenze.

E di reti effettivamente ne segnano tante (nonostante qualche infortunio di troppo occorso a Larsson). Ma il titolo non arriva, finendo regolarmente nella metà di Glasgow di fede Rangers.

In Scozia equivale a un fallimento. Arrivare secondi è come arrivare ultimi. Non ci sono differenze.

Mark ha ripreso la vecchia media gol di quasi una rete a partita, come ai tempi di Melbourne. Ma in spogliatoio qualcuno comincia a mal vederlo (si dice addirittura che si sia rifiutato di entrare in campo).

E allora non resta che fare nuovamente i bagagli e rincorrere la propria passione per il calcio. E quale posto migliore di dove lo stesso calcio è stato inventato?

I 4 gol di Mark Viduka al Liverpool

La dura legge del Leeds

All’alba del nuovo millennio il Leeds spende 6 milioni di sterline per portarlo a Elland Road, dove troverà il connazionale Harry Kewell. Gli whites hanno dei giovani forti in rampa di lancio, un bravo allenatore e stanno bene. Voglio tentare il grande salto: inserirsi nella corsa al titolo.

Che Leeds quello lì!!! Gente come Rio Ferdinand, Nigel Martyn, Robbie Keane, Lucas Radebe, Olivier Dacourt, Ian Harte e Alan Smith (l’enfant prodige con le gambe di cristallo).

Il titolo non arriverà mai, perché  la Premier in quegli anni è il Regno di Sir Alex. Ma gli whites danno letteralmente spettacolo. Giocano, segnano, divertono e, sul più bello perdono. Sembra di sentire da lontano gli 883 con La Dura Legge del Gol: “loro segneranno però che spettacolo quando giochiamo noi”.

Sfiorano pure un clamoroso successo europeo, arrivando fino alle semifinali di Champions. Fanno 0a0 ad Elland Road, ma al Mestalla sbagliano completamente partita e ne beccano 3.

In tutto questo il nostro Mark Viduka segna, manco a dirlo, caterve di gol. Da libri di storia il poker rifilato al malcapitato Sander Westerveld durante un Leeds-Liverpool che sarà inevitabilmente tramandato ai posteri (4-3 per i bianchi).

I suoi tifosi ricorderanno però ancor con maggiore affetto una rete segnata al minuto 88 contro l’Arsenal. Il Leeds è precipitato in una irreversibile crisi economica, che lo porterà di lì a poco a dover cedere i propri campioni; e ora rischia addirittura la retrocessione. Ad Highbury però ci pensa Mark, con un delizioso sinistro a giro, a mettere i suoi in salvo. E a condannare i gunners, che dopo il 2-3 subito diranno addio ai sogni di gloria

Il rimpianto del Boro

Anche Viduka sarà risucchiato nel vortice della crisi, e sarà ceduto, salutando così gli anni migliori della propria carriera. Più a livello affettivo che realizzativo.

Perché anche a Middlesbrough non smette di segnare. Miglior marcatore del Boro nelle competizioni europee (solo 8 gol, ma tanto basta). Un altro titolo europeo mancato per un soffio, perché in finale di Coppa Uefa a imporsi è il Siviglia.

Dove andare al Milan, a un certo punto, e invece rimane lì. La seconda stagione c’è Southgate come allenatore, e Mark mette a referto altre 19 reti.

Una lite sul rinnovo lo porterà poi a Newcastle, dove sarà limitato da numerosi problemi fisici, che lo costringeranno, nel giro di un paio d’anni, ad appendere definitivamente i fatidici scarpini al chiodo.

Semplicemente Mark

Fisicamente devastante, tecnicamente molto valido e insuperabile nel gioco aereo. La scheda tecnica di Viduka dice questo (l’innato senso del gol forse non verrebbe menzionato, ma basterebbe scorrere poco più giù con il mouse e guardare le statistiche reti/partite della carriera per rendersene conto).

La stessa scheda non vi parlerà del suo legame viscerale con la famiglia, che più volte lo stava per spingere a mollare tutto e tornarsene a casa a saltare con i canguri; di una tendenza cronica al ritardo (Paul Robinson ai tempi di Leeds diceva “Mark Viduka arriverebbe in ritardo anche al suo funerale”); di un carattere mai troppo disposto alla mediazione e ai compromessi: se una cosa non gli andava, la diceva. Punto.

Rimane l’immagine di quel lungagnone che a momenti, al crepuscolo della carriera e con la fascia da capitano al braccio, ci buttava fuori dal Mondiale in Germania. Non lo ha fatto alla fine, e ci ha pensato Francesco Totti a mandarci avanti.

Meglio così. Perché ora ci fa ancora più piacere ricordare di quando, in giro per l’ Europa con la bianca casacca del Leeds, scorazzava un canguro che faceva gol. 

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