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Ettore Mendicino, al di là del calcio

Un gol ad Anfield che sembrava spalancargli la carriera. Poi gli anni alla Lazio, la lite e la pace con Lotito. Ora una nuova vita da speaker, per dare voce a quelli come lui. Lo strano percorso di Ettore Mendicino.
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Ettore Mendicino - Illustrazione Tacchetti di Provincia

8 agosto 2008. Stadio di Anfield, Liverpool. Prestigiosa amichevole pre-campionato, tra i Reds di Gerrard, Kuyt, Carragher e del Niño Torres e la Lazio di Delio Rossi. Siamo al terzo minuto di recupero, e l’ucraino Voronin ha appena segnato il gol del vantaggio inglese, con un missile imparabile. Pochi istanti dopo, però, Zarate crossa in area la palla della disperazione, su cui arriva, con uno stacco imperioso, un ragazzino di appena 18 anni, nato a Milano da padre calabrese, abile a incornarla alle spalle di Cavalieri, portiere brasiliano da poco entrato in campo per sostituire Pepe Reina.

La bandierina, ingiustamente, si alza, e il gol viene annullato. Ma, come direbbe Federico Buffa: “perché rovinare una bella storia con la verità?”. Vedere la rete gonfiarsi, in uno degli storici templi del calcio internazionale, zittendo improvvisamente il You’ll Never Walk Alone dei 43mila presenti. Un sogno. E, probabilmente, l’inizio di una luminosa, o quantomeno promettente, carriera. Per un ragazzo cresciuto nel vivaio biancoceleste e che ancora deve ufficialmente esordire in prima squadra.

Oggi però, a 16 anni di distanza, Ettore Mendicino, quel ragazzo andato a un passo dal realizzare un sogno, ha invece già smesso da un pezzo con il calcio (giocato, perlomeno). È sceso dalla giostra dei sogni e sta pensando a costruirsi un nuovo futuro, un nuovo orizzonte. Cercando di dar voce a chi, come lui, nel football professionistico ci si è solo ritrovato. Non per caso, perché per caso non si arriva da nessuna parte. Ma magari semplicemente vivendo il sogno di altri piuttosto che il proprio. Fino a rimanerne quasi intrappolato.

Ettore Mendicino è riuscito a vedere cosa c’è al di là del calcio. Cosa accade quando finisce la passione e quel meraviglioso sport diventa semplicemente un lavoro. Come tanti.

Ha saputo reinventarsi. Fino a guardare con lo stesso sorriso sia la carriera alle proprie spalle sia il futuro che ora gli si presenta davanti

Il pupillo di Delio

Ma cos’è accaduto a quel ragazzo andato in gol ad Anfield? Cosa è andato storto?

In realtà niente. Almeno inizialmente. L’allenatore Delio Rossi crede fermamente nelle sue capacità. Tanto da inserirlo, qualche mese dopo, nella lista dei convocati per una trasferta a Firenze al posto di Simone Inzaghi. Dopo la rete Viola di Gilardino lo butta pure nella mischia, al fianco di Pandev sostituendo Ledesma, un centrocampista, nel tentativo di ribaltare il risultato.

In quella stessa stagione 2008-2009 arriva anche l’esordio all’Olimpico, durante un match di Coppa Italia (poi vinta, oltretutto, dai biancocelesti) contro la Reggina e l’esordio da titolare, alla terzultima contro il Palermo.

Quindi 3 anni di palestra in Serie B, tra Crotone, Ascoli e Gubbio, più sei mesi in C vestendo i colori del Taranto. Prima di tornare alla Lazio, trovando in panchina Bruno Petkovic, e finire quasi subito fuori rosa, insieme a una lunga lista di calciatori “epurati” dal presidente Lotito, secondo la logica del “se non vai via ti tengo in tribuna, senza giocare”. Foggia, Matuzalem, Sculli, lo stesso Zarate.

In questi anni difficili Mendicino decide di non scoraggiarsi né di perdersi d’animo. Cose che sarebbero oltretutto comprensibili, o anche solo legittime, per un ragazzo che rischia di vedere la propria carriera da calciatore professionista incagliarsi ancor prima di avere definitivamente abbandonato il porto di partenza.

Ettore sceglie di sfruttare questo esilio dorato, buttandosi a capo fitto sugli studi, fino ad ottenere una laurea in Scienze della Comunicazione.

È questo, forse, il momento in cui il ragazzo tira la testa fuori dalla sabbia. Per scoprire che “non c’è solo il calcio in questa vita”. Quella laurea, quel percorso gli aprono definitivamente la mente, ipotizzando anche un futuro lontano dal pallone.

Paura e delirio a Salerno

Con il presidente Lotito il riavvicinamento, o la riappacificazione, se vogliamo, avviene nel 2013, allorquando Mendicino firma per un anno di prestito alla Salernitana, da un paio di stagioni acquistata, e gestita, anche se non direttamente, dal presidente biancoceleste.

Dopo anni di gol a singhiozzo, in piazze in cui, per via della temporaneità dei trasferimenti, non ha possibilità di mettere radici, con i granata, impelagati in Serie C, Mendicino torna a segnare e, possiamo dirlo, a sorridere. Gol al Catanzaro, gol vittoria al Frosinone, doppietta al Viareggio. A fine anno la squadra alza al cielo la Coppa Italia di Serie C, piccolo trailer della trionfale stagione successiva.

Il prestito viene rinnovato, dando la possibilità, finalmente, al ragazzo di non dover di nuovo, per l’ennesima volta, ripartire da zero. E quando a fine anno l’Arechi esulta per il ritorno in Serie B, l’attaccante è uno dei più acclamati. Anche per il grande spavento provocato dall’incidente capitatogli poche settimane prima, quando durante un match di campionato contro il Matera si accascia a terra privo di sensi per un colpo subito alla testa, salvo poi riprendersi, anche se diversi minuti dopo, completamente.

L’estate successiva si stacca il cordone ombelicale con mamma Lazio. Il contratto termina, e Mendicino deve dire addio ad una piazza capace tanto di crescerlo e farlo maturare quanto poi di tarparne le ali al momento decisivo.

Ricomincia il suo lungo girovagare, tra le categorie e le città di mezza Italia. Alla ricerca del posto giusto, ma più probabilmente di sé stesso. Perché l’impressione è quella di un ragazzo non più capace di riaccendersi quel fuoco dentro. E che ha perso quello sguardo che aveva ad Anfield in quella magica estate.

Il punto di svolta

Nel marzo 2020, quando il mondo è costretto a fermarsi per tentare di debellare l’odiosissimo Coronavirus, Ettore (non) gioca per il Rimini.

È un ragazzo perso, che pare addirittura ora non divertirsi nemmeno più a giocare a calcio. Nella sua mente stanno entrando, pian piano, altri interessi, altri progetti, altre idee.

Tutti gli dicono: “sei pazzo, non smettere, sei troppo giovane per mollare, sei un privilegiato, renditene conto”. Ma quando la testa ha ormai preso un’altra direzione non c’è più molto che si possa fare.

Da questo punto di vista il Covid rappresenta una mazzata definitiva alla sua carriera, la discesa ufficiale dalla giostra dei sogni. Perché lo costringe a casa, allontanandolo dal campo di allenamento. E gli dà il tempo di approfondire tutte le proprie passioni. Dal pianoforte ai viaggi (in quel momento solo pianificati) passando per il mondo della comunicazione, social e non.

Passata la tempesta decide di regalare al calcio, l’amore di una vita diventato improvvisamente semplice valvola di sfogo, un’ultima chance scendendo nei dilettanti. Là dove, a detta di molti, il football si riavvicina alle proprie radici, alla passione vera e al sacrificio, distante da logiche di soldi, procuratori, presidenti e opinione pubblica.

Ma né a Ravenna né alla Luiss, la squadra della Libera Università degli Studi Sociali Guido Carli di Roma, la squadra con cui ha iniziato prima di entrare nel settore giovanile della Lazio, Ettore riesce a riavvolgere quel filo d’amore che lo legava a quello sport, a quel mondo.

Un nuovo Ettore

Oggi Ettore Mendicino ha 34 anni. Non gioca più, ha smesso, anche se mai ufficialmente, perché ha scoperto di non avere tempo per altro che non sia il proprio lavoro e la propria formazione personale. Si diverte ancora a suonare il pianoforte e a strimpellare la chitarra. E a viaggiare, spesso in compagnia dell’amico Luca Tremolada.

Da qualche mese nelle varie piattaforme online è possibile ascoltare “Fuori dal Podio”: il podcast ideato proprio dall’ex attacante, tra le altre, di Monopoli e Cosenza, per dare voce a quelli come lui. Per parlare di cadute e rinascite, sacrifici spesso mal ripagati, sogni infranti e realizzati. Il tutto con una conduzione quasi impeccabile, che lo fa sembrare, agli occhi di chi non lo conosce, uno speaker pluri-navigato.

È entrato, insomma, nell’ al di là calcio, dentro ciò che viene dopo e che, spesso, spaventa chi per una vita è stato un professionista, e perciò totalmente focalizzato.

Nel suo futuro ci sono mille altri progetti, più o meno difficili. Ma ora che si è ricavato il tempo di poterli realizzare, sente che nessuno può più fermarlo o tarpargli le ali.

Il calcio è là. Una parentesi della vita che gli ha regalato gioie e dolori, ma anche enormi soddisfazioni.

Ma adesso è giunto il momento, per Ettore, di andare oltre.

 

Racconto a cura di Fabio Megiorin

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