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I gemelli Filippini

Due gemelli, entrambi centrocampisti. Una carriera partita da Urago Mella ed arrivata fino alla Serie A e all’Europa: Antonio ed Emanuele Filippi, sempre insieme mai contro. Salvo il 6 novembre 2002.
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Gemelli Filippini - Illustrazione Tacchetti di Provincia

La storia è ricca di figli che giocano a calcio sulle orme dei padri (Paolo e Cesare Maldini, per esempio) o di fratelli minori che giocano seguendo l’esempio dei fratelli maggiori (Simone e Filippo Inzaghi docet) o anche nipoti che giocano nel nome di loro nonni, come Andrea Petagna ed il nonno Francesco, centrocampista negli anni Quaranta e Cinquanta della Triestina.

Come questi appena citati, tantissimi altri. Sono i gemelli che si sono visti in poche occasioni sul rettangolo verde. Ce ne sono stati, ma sono stati soprattutto stranieri ed in particolare sono olandesi i più noti: René e "Willy" van de Kerkhof e Frank e Ronald de Boer. Per carità poi ci sono stati anche i gemelli James e Jason Derrick (alias Kazuo e Masao Tachibana), centrocampisti della Hot Dog del cartone animato “Holly e Benji”, noti per la loro “catapulta infernale”, ma era solo un anime.

E in Italia? Anche da noi abbiamo avuto una coppia di gemelli che ha giocato in Serie A, facendosi notare per la grinta e per il pressing effettuato sugli avversari: Antonio ed Emanuele Filippini sono i gemelli più noti della storia del nostro calcio.

Da Brescia a Ospedaletto e ritorno

Nati a Brescia il 3 luglio 1973, Antonio ed Emanuele Filippini hanno iniziato a giocare a calcio da piccoli e hanno fatto (calcisticamente) tutto insieme: inseparabili in campo, hanno giocato praticamente sempre insieme. Di ruolo centrocampisti, Antonio ha giocato da bambino anche come portiere ma fu una breve parentesi e l’allora allenatore lo schierò a centrocampo, il posto dove avrebbe dato il meglio di sé.

Siamo nel 1990, Antonio ed Emanuele hanno 17 anni e dalla Voluntas Brescia passano dove sognano di giocare tutti i ragazzi del Bresciano: il Brescia. Le “rondinelle” in quella stagione sono in Serie B, mancano dalla massima serie da quattro ma sono una piazza calda ed importante e poi quella è la squadra che rappresenta una provincia che parte dalla Bassa ed arriva fino alla Val Camonica, la più grande che si estende in Italia da Nord a Sud, la quinta più estesa in tutto il Paese.

I gemelli Filippini non riescono debuttare in prima squadra, ma vengono dirottati entrambi nel 1992 in provincia: per tre stagioni consecutive Antonio ed Emanuele vestono i colori arancio-blu dell’Ospitaletto, club allora in Serie C2 e presieduto da Gigi Corioni, imprenditore bresciano che quell’anno acquistò il Brescia dopo l’esperienza a Bologna.

Le tre stagioni di Ospedaletto sono fondamentali per i Filippini Twins, oramai pedine fondamentali del centrocampo della squadra: destra per Antonio, sinistra per Emanuele.

Il loro periodo “formativo” ad Ospitaletto termina e nell’estate 1993, a 20 anni, Antonio ed Emanuele prendono la macchina, si fanno una decina di chilometri e tornano alla casa madre Brescia. Le “rondinelle” sono in Serie B pronte a tornare in massima serie e per farlo si riaffidano ancora a Mircea Lucescu. I Filippini sono inseriti in prima squadra, giocano sempre insieme e sono dei punti di riferimento per squadra e compagni.

Nelle prime due stagioni, i due gemelli giocano sempre, si fanno notare per essere due giocatori temibili in quanto fanno del pressing la loro arma migliore: marcano l’avversario di turno, ovunque questo vada.

Poi il 31 agosto 1997, il sogno si avvera. La stagione precedente il Brescia ha vinto il campionato e quindi la stagione successiva avrebbe giocato in massima serie. E i gemelli Filippini fanno parte del rooster guidato in estate da Edi Reja e poi, proprio dalla prima giornata, da Beppe Materazzi. Emanuele ha la maglia numero 17, Antonio la 18. Per la prima volta due gemelli giocavano in Serie A nella stessa squadra. I loro nomi iniziano ad incuriosire gli appassionati anche perché la loro storia è particolare, avendo giocato sempre nello stesso momento con la stessa squadra.

Il Brescia chiude quindicesimo (ad un punto dal Vicenza salvo) e quindi retrocede, ma la stagione 2000/2001 vede la “Leonessa” tornare in Serie A ed arriva addirittura Roberto Baggio, pronto a ripartire dopo l’esperienza interista. Per i gemelli Filippini un sogno poter giocare con il “divin codino” del calcio italiano. La squadra lombarda arriva addirittura ottava e la stagione successiva nella città de Santi Faustino e Giovita arriva anche Josep Guardiola, colonna del “Barcellona dream team” e arrivato nella città lombarda con alle spalle una vita (calcistica) passata a Barcellona.

6 novembre 2002, gemelli contro. Le esperienze di Palermo, Lazio e Treviso

Se negli anni il Brescia ha visto tanti giocatori andare e venire dal “Rigamonti”, i Filippini erano una certezza: sempre fedelissimi, sempre con la maglia blu e con la V bianca addosso, sempre in campo, sempre a pressare, sempre a fare bene. Ma l’estate 2002 è traumatica per Antonio ed Emanuele Filippini: dopo 29 anni le loro vite (calcistiche) si dividono per la prima volta. Il motivo? Il Parma stacca un cospicuo assegno e si porta in rosa Emanuele Filippini. Antonio rimane a Brescia, ma ha un sogno: giocare contro suo fratello.

La stagione 2002/2003 vede in Serie A sia il Parma che il Brescia e, ovviamente, i due gemelli bresciani si incontreranno. Il calendario ha stabilito che la prima giornata si sarebbe giocato il derby dei Filippini con il Brescia ospite dei ducali, ma un mancato accordo sui diritti tv farà slittare tutta la giornata che si giocò il successivo 6 novembre. Sarebbe stato troppo dal punto di vista emotivo già alla prima giornata vedere i due già avversari, ma i due si affrontarono in un match sui generis.

La partita sarà vinta dal Parma per 4-3: vantaggio bresciano con Appiah, pareggio immediato di Ferrari, poi vantaggio dagli undici metri di Baggio e pronto pareggio da parte di Mutu e poi Bonazzoli e Gilardino portano a quattro le reti, chiudendo il match.

C’è stata tanta hype verso quella partita, non tanto per la partita in sé ma perché si affrontavano due fratelli che in campo non si erano mai risparmiati e che ora si affrontavano da avversari. E che tra l’altro si sarebbero marcati a vicenda.

I due gemelli quel 6 novembre arrivarono carichi e giocarono…carichi, ma non ci fu nessun problema in campo: con il fischio di inizio, si dimenticarono di avere l’altro fratello in campo e si trattarono come avversari comuni.

La stagione 2002/2003 vide il Parma arrivare quinto e qualificarsi in Coppa Uefa, mentre il Brescia arrivò nono: Emanuele scese in campo trenta volte e segnò due reti in campionato (con tre partite anche in Coppa Uefa), mentre Antonio giocò una volta in meno e segnò una rete in meno del fratello. Ma i fratelli Filippini oramai sono una certezza del nostro calcio e tanti tifano per loro, diventati beniamini delle loro squadre. I Filippini sono due giocatori di cui non si può fare a meno: meglio insieme che divisi.

Erano come i gemelli Derrik del cartone: divisi non rendevano, dovevano per forza giocare nello stesso momento. E nel gennaio 2004 Antonio ed Emanuele si ritrovano.

A ricostituire la coppia è Maurizio Zamparini che nella sessione invernale portò a Palermo i due gemelli bresciani. Per entrambi, un passo indietro come categoria visto che i rosanero erano in cadetteria, ma la squadra contò su di loro per tornare in Serie A dopo 31 anni. E anche grazie ai due gemelli bresciani che persero le storiche maglie 17 e 18 per la 23 (Emanuele) e la 26 (Antonio), il Palermo vinse il campionato e volò in massima serie: l’ultima volta era nella stagione 1972/1973, l’anno in cui nacquero i Filippini. Ironia del caso? Forse. Dopo la vittoria contro il Bari, i Filippini, che avevano una band rock amatoriale, suonarono nella festa promozione del club siciliano.

Nell’estate 2004 Antonio ed Emanuele giocheranno ancora in Serie A ma non con il Palermo, ma andranno a giocare nella capitale perché passati in prestito alla Lazio del neo presidente Claudio Lotito. La Lazio chiuse solo tredicesima, i due giocarono quasi sempre titolari, ma a fine stagione salutarono Roma e passarono in blocco al Treviso, neo promosso in Serie A.

La prima stagione del Treviso in massima serie fu davvero brutta, tanto da chiudere con 21 punti: arrivò penultimo solo perché la Juventus, a causa di “Calciopoli”, fu “collocata” all’ultimo posto facendo scalare di un posto i bianco-celesti che retrocessero, comunque, in cadetteria.

Le esperienze di Livorno, l’addio ed il derby in Serie D

La stagione 2006/2007 vede i gemelli separarsi nuovamente: Antonio andò a Livorno, Emanuele a Bologna: uno in massima serie, l’altro in cadetteria. Ma si sa: i Filippini devono stare insieme perché insieme davano il meglio. Ed infatti nella stagione 2007/2008, a 34 anni, i Filippini giocarono la loro tredicesima (e mezza) stagione insieme, l’ ottava in Serie A: Emanuele raggiunse Antonio a Livorno.

La stagione 2008/2009, sempre in Serie B, è stata l’ultima di Emanuele in massima serie poiché diede l’addio al calcio per i troppi infortuni ed un’anca che implorava “pietà”.

La loro avventura insieme a Livorno è iconica: il 20 giugno 2009 il Livorno si gioca la finale play off per la promozione in Serie A ed il destino ha voluto che a contendere la massima serie ai labronici fosse il Brescia e al minuto 82 un cambio molto commovente: fuori Antonio per Emanuele che giocò così i suoi ultimi otto minuti da calciatore salutando così tutti nella sua partita più dura (emotivamente).

Antonio proseguirà ancora con gli amaranto per una stagione e poi quella successiva anche lui chiuderà. E la chiuderà a 38 anni nella squadra dove tutta la favola con il fratello era iniziata: il Brescia.

Lasciato il rettangolo verde, cosa potevano fare i due i gemelli se non fare gli allenatori?

Antonio nel luglio 2012 ottenne il patentino da allenatore Prima Categoria UEFA Pro e andò subito alla Feralpi Salò, ricoprendo il ruolo di responsabile del settore giovanile fino al 2014 per poi passare ai bresciani dell’Adrense con cui, da subentrato, portò la squadra dalla Promozione bresciana all’Eccellenza. Nell’estate 2016 passò al Ciliverghe in Serie D. Il 24 ottobre 2018 passerà al Rezzato, compagine bresciana di Serie D.

Emanuele invece nel 2012 allenò la Berretti della Feralpi fino al 2014. Si fermò un anno per ottenere anche lui il patentino da allenatore come il fratello, un patentino importante perché permette di allenare anche in Serie A. Nel 2015 andò in Australia e poi allenò l’Under 15 del Milan. Nel febbraio 2016 passò al Lumezzane che porterà alla salvezza in Lega Pro ma venendo esonerato l’autunno successivo. Il 6 novembre 2017 passò al Trento in Serie D: venne chiamato sulla panchina del club giallolu dopo la sconfitta del club contro il Rezzato. Quindi i due fratelli avrebbero allenato in contemporanea in Serie D e si sarebbero, di conseguenza, affrontati. E Rezzato-Trento si disputò il 24 marzo 2018 al “Comunale” del club bresciano. A vincere fu il Rezzato di Emanuele che vinse 4-2. Peccato che Emanuele non poté essere in panchina perché squalificato, ma seguì il match sugli spalti.

Dopo quel derby in Serie D, Antonio ha allenato il Livorno per due stagioni come vice di Breda e Tramezzani, allenando poi la Pro Sesto e oggi guida il Genoa Women, mentre Emanuele da cinque stagioni è nel giro delle Under nazionali e, dopo essere partito dalla Under 17, oggi è il vice di Bollini alla Under 21 dopo essere stato il vice del Ct Nunziata alla guida della Under 20 che la scorsa estate ha chiuso al secondo posto nel Mondiale Under 20 giocato in Argentina

Cosa rimane oggi dei primi (e finora unici) gemelli a giocare in Serie A

Sarebbe bellissimo se un giorno i gemelli Filippini potessero affrontare da avversari anche su una panchina di Serie A. Un sogno che sarebbe fantastico si avverasse vista la storia dei due fratelli bresciani, ma nel breve periodo impraticabile.

E’ bello però ricordarsi di due giocatori che hanno portato in giro per l’Italia Brescia e la brescianità (essendo nati nella città Leonessa d’Italia e aver fatto tutto il settore giovanile del club fino alla prima squadra) e che sono ricordati ancora oggi come due centrocampisti tosti e marcatori arcigni, ricordati anche dai grandi campioni della nostra Serie A del tempo che non vedevano l’ora che la partita finisse per non avere più nulla a che fare con quei due gemelli che facevano della garra la loro arma in più.

I gemelli Filippini hanno vissuto con il Brescia momenti iconici, come la corsa di Carlo Mazzone sotto la curva dei tifosi atalantini dopo un incredibile 3-3 dei padroni di casa il 30 settembre 2001, o come quando il 21 dicembre 1997 l’arbitro Ceccarini, in un Brescia-Roma, espulse Emanuele e non Antonio scambiandoli. O la tentata “furbata” di Lucescu che nell’intervallo del match contro il Perugia, visto che Emanuele era ammonito e Antonio no, chiese ai due gemelli di scambiarsi la maglia così da trarre in inganno l’arbitro visto che i due erano identici, ma questi rifiutarono la “proposta” del loro tecnico. Ma vissero anche momenti tristi come la morte del loro compagno di squadra Vittorio Mero, morto in un incidente stradale il 23 gennaio 2002, di cui era compagno di stanza Emanuele.

Sarebbe bello davvero se un giorno i due Filippini potessero allenare in Serie A ed incontrarsi da avversari come da giocatori si affrontarono quel 6 novembre 2002 a Parma. Chi vivrà vedrà.

Per la cronaca: i gemelli Filippini non hanno avuto gemelli (e non possono perché questi “saltano” una generazione), ma entrambi hanno figlie che hanno qualche anno di differenza tra loro e difficilmente si sfideranno un giorno su un campo da calcio.

Nell’aprile 2020 hanno perso la madre Teresa a causa del Covid-19, lei che era la loro prima tifosa sugli spalti mentre loro battagliavano sui campi della Serie A ed era ospite diverse volte a “Quelli che il calcio” allo stadio per commentare le partite dei due figli.

Racconto a cura di Simone Balocco

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