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I fratelli Baggio

Florindo, grande appassionato di sport, decise di chiamare i suoi due ultimi figli maschi con i nomi dei suoi idoli: Roberto in onore di Boninsegna ed Eddy in onore di Merckx. I due figli divennero entrambi calciatori professionisti, Roberto e Eddy Baggio.
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Fratelli Baggio - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Roberto Baggio, il Divin Codino patrimonio del calcio italiano

La carriera di Roberto Baggio è descrivibile non solo attraverso i gol segnati (205 in Serie A, settimo marcatore di sempre), ma anche attraverso i premi vinti (Pallone d’oro e Fifa World Player nel 1993), le sue gesta in Nazionale (27 reti di cui nove in tre Mondiali e, con Paolo Rossi e Christian Vieri, top scorer azzurro di sempre nella manifestazione con la maglia azzurra). il suo look (il codino) e la sua fede (il Soka Gakkai buddista). Una cosa è certa: Roberto Baggio è uno dei giocatori più forti della storia del calcio ed un’icona di questo sport.

Nato a Caldogno, in Provincia di Vicenza, il 18 febbraio 1967, Roberto Baggio si fa notare con la maglia del Vicenza dove entra a 13 anni nel settore giovanile e due anni dopo debutta in Serie C1 con i biancorossi. È talentuoso, bravo, vede la porta. Insomma, sa giocare a calcio. Nell’estate 1985 passa alla Fiorentina ma il 5 maggio 1998, in un match di fine campionato, si fa male al legamento crociato anteriore e al menisco del ginocchio destro: intervento chirurgico e out un anno. La Viola non lo molla, lo tiene con sé e gli permette la convalescenza ed il lungo recupero. E proprio la Fiorentina è il trampolino di lancio della sua carriera, diventando un giocatore importante per il club gigliato e l’idolo dei suoi tifosi. Se nonché, nell’estate 1990, Baggio passa dalla Fiorentina alla Juventus, la rivale storica di sempre della Viola. Nelle casse gigliate entrarono 25 miliardi di lire, ma la piazza non tollera quell’affronto.

Baggio alla Juventus ci rimane cinque stagioni dove, con la maglia numero 10 bianconera, oltre a diventare l’idolo dei tifosi, vince uno scudetto, una Coppa Italia ed una Coppa Uefa, ma soprattutto il Pallone d’oro del 1993, terzo italiano a riuscirci dopo Gianni Rivera e Paolo Rossi (quarto contando anche Omar Sivori, che era considerato un oriundo). Sotto la Mole, Baggio diventa uomo e mito: negli anni bianconeri si sposa e diventa padre di Valentina, segna gol da manuale e tutti sono pazzi di lui. Tutti lo adoro, anche gli avversari. Come quel tifoso della Fiorentina che il 6 aprile 1991, nel primo match di Baggio di ritorno al “Franchi” da avversario, dopo che il capitano bianconero si rifiutò di calciare un calcio di rigore, gli tirò una sciarpa viola che il numero 10 della Juventus raccolse e portò con sé negli spogliatoi.

Nel 1995 passa al Milan, dove vince un altro scudetto giocando di meno pur essendo ugualmente importante. Nel 1997 lascia Milano per spostarsi a Bologna dove, con Ulivieri in panchina e tanti dissidi con lo stesso tecnico di San Miniato, senza codino ma sempre con la numero 10 sulla schiena, porta il club in Intertoto e segna ben 22 reti, suo massimo di sempre in campionato.

Nel 1998 Baggio si fa la A1 al contrario e firma con l’Inter di Moratti: due stagioni un po’ complicate per gli stop fisici, incomprensioni (come alla Juve) con Marcello Lippi e, fino al 2000, rimane sotto la Madunina non vincendo nulla (nonostante abbia giocato con assi come Vieri, Ronaldo e Zamorano) se non qualificare l’Inter, con una doppietta, in Champions dopo lo spareggio con il Parma. Poi nel 2000 la scelta controversa di lasciare Milano ed il calcio mainstream per firmare con il piccolo Brescia di Gigi Corioni e di mister Carlo Mazzone. Molti non capiscono la scelta del giocatore, 33enne e ormai sul viale del tramonto. Rimane a Brescia quattro stagioni, regalando grandi sprazzi di calcio e facendo sognare una piazza che allora mai aveva avuto una squadra così forte (visto che con il “codino” di Caldogno giocarono anche Pirlo, Guardiola, Hubner e Toni).

Poi il 16 maggio 2004 l’addio di San Siro: al minuto 84, mister Gianni De Biasi (che aveva sostituito Mazzone) lo toglie dal campo ed il “Meazza” si ferma per omaggiarlo con una standing ovation emozionante per un campione più unico che raro che ha fatto sognare milioni di italiani, soprattutto in Nazionale.

A oggi, Roberto Baggio è al quarto posto nella classifica all time dei marcatori. Di questi, come detto, nove li ha segnati nei tre Mondiali cui ha preso parte: due reti a Italia ’90 (iconica la rete alla Cecoslovacchia), cinque reti a Usa ’94 (il Mondiale di Baggio, nel bene e nel male) e due a Francia ’98 (con il tiro uscito di pochi centimetri nei supplementari contro la Francia che, come golden gol, avrebbe portato gli azzurri in semifinale). A Baggio sarebbe piaciuto essere convocato anche per Corea-Giappone 2002 ma l’allora Commissario Tecnico Trapattoni lo lasciò a casa perché reduce da un brutto infortunio al legamento crociato del ginocchio: l’asso di Caldogno riuscì a recuperare in tempi record ma, ciò nonostante, gli fu precluso di salire sull’aereo per l’ultimo Mondiale cui avrebbe preso parte nella sua carriera.

Eddy Baggio, una vita in provincia nel nome di Roberto

Come Roberto, anche Eddy nasce a Caldogno, ma il 23 agosto 1974, sette anni dopo il fratello. E proprio guardando il fratello maggiore, “Baggino” si avvicina al calcio. A diciotto anni viene ingaggiato dalla Fiorentina, nella Primavera dove, come attaccante, promette bene, tanto da essere convocato con la Nazionale Under 17 e disputare il Mondiale di categoria in Italia del 1991. In molti sperano che il percorso di Eddy sia identico a quello del fratello maggiore, esploso proprio a Firenze in cinque stagioni e 55 reti in maglia viola. E all’inizio fu così.

E’ il 1993, Eddy ha 19 anni e la strada in discesa. Cosa che invece così non è stata perché da allora il talento del giovane attaccante vicentino non esplode mai veramente, giocando sempre tra la Serie B e la Serie C, con salite e discese, cadute e rimonte.

“Baggino” dalla Primavera viola passa in prima squadra. Siamo nella stagione 1993/1994, la Fiorentina è in Serie B ed Eddy Baggio deve però mettersi in fila: prima di lui, mister Ranieri mette Batistuta (non ancora “Batigol”), Robbiati, Baiano e Flachi. Eddy sa che deve fare la gavetta, lo mette in conto. Intanto, il fratello maggiore, il 28 dicembre 1993 riceve a Parigi il Pallone d’oro come miglior giocatore europeo e poi il Fifa World Player. Se la carriera di Roberto è in ascesa, quella di Eddy non decolla e dalla stagione 1994/1995 fino al 2010, gira in lungo e in largo l’Italia giocando tra Serie B, Serie C1, Seconda divisione e nei dilettanti, ma mai una sola partita in massima serie.

Una carriera iniziata a Palazzolo e chiusa, professionalmente con la Sangiovannese e nel 2010 con gli umbri dell’Amerina, tra i dilettanti. Nel mezzo, 14 squadre e solo la vittoria di una Coppa Italia di Serie C con lo Spezia. Una carriera in provincia fatta di sacrifici, stagioni importanti ed altre negative, ma Eddy Baggio con tutte le forze prende il suo spazio senza doversi sentire all’ombra del fratello Roberto, il giocatore più forte della sua generazione.

Il clou della sua carriera sono state le esperienze ad Ascoli e a Pisa, dove diventa anche capitano, con una fascia regalatagli proprio dal fratello maggiore.

Chiude la carriera nel 2010 a 36 anni: non ci fu una standing ovation, ma Eddy Baggio è entrato comunque nel cuore di molte tifoserie.

Una vita dietro Roberto, ma sempre a testa alta. 11 ottobre del 1992, Baggio contro Baggio

La carriera di Eddy è stata diversa da quella di Roberto, meno ricca di copertine, trofei (anche se il fratellone ha vinto poco rispetto alla sua grandezza in campo) ed encomi. Se Roberto è uscito dal calcio, Eddy vi è rimasto per qualche anno, allenando gli Allievi Nazionali del Pisa e gli Allievi e i Giovanissimi Nazionali della Fiorentina.

La storia del calcio ha visto di fronte tanti fratelli, con le consuete foto ad inizio partita. Roberto e Eddy Baggio non sono stati da meno, solo che loro non si sono mai affrontati in un campo da calcio di Serie A e non hanno fatto la consueta foto a inizio partita. I fratelli Baggio si sono sfidati una sola volta in carriera in un contesto particolare: un inedito Nazionale Italiana vs Fiorentina Primavera. Una partita dal grande valore affettivo e simbolico per entrambi. L’11 ottobre 1992 i fratelli Baggio si sono trovati di fronte  proprio nel “Franchi” di Firenze, il campo che ha consacrato Roberto al calcio che conta mentre per Eddy quello era campo dove sognava di giocarci da grande, il. Ad imporsi furono gli azzurri per 6-1 ed i Baggio Brothers diedero il loro contributo: Roberto segnò una rete, Eddy mandò in rete il compagno Daniele Giraldi. Quella partita fu la rifinitura prima del test match degli azzurri contro la Svizzera per la qualificazione ad Usa ’94 che vedrà poi entrambe le squadre parteciparvi e la nostra Nazionale arrivare a giocarsi il titolo mondiale contro il Brasile il 17 luglio 1994 a Pasadena, con Roberto Baggio in campo ed il fratello Eddy a fare il tifo per lui.

Eppur “Baggino” sapeva giocare a calcio, ma lo hanno fermato tante cose: sfortuna, infortuni e, forse, troppo hype che magari gli hanno tarpato le ali. È stupido e senza senso parlare di “se non si fosse chiamato Baggio…”: ognuno ha il proprio talento e ognuno è sé stesso e tutti siamo diversi da tutti gli altri.

Eddy Baggio ha sicuramento preso in considerazione il fatto che chiamarsi “Baggio”, in un contesto calcistico, avrebbe potuto garantirgli la strada spianata. Oppure essere travolti dalla pressione: occhi puntati, gente che credeva/sperava che potesse diventare forte almeno quanto il fratello o un’icona come quel ciclista per cui il padre gli diede il nome.

“Baggino” il suo l’ha fatto. Non ha giocato negli stadi pieni dove ha giocato Roberto, ma il suo ruolo lo ha avuto. In ogni squadra, con ogni maglia. Sono tanti i gol belli segnati da Roberto Baggio (almeno uno per squadra, Nazionale compresa), ma quello che Eddy ha più nel cuore è quello segnato in rovesciata l’11 giugno 2000 nella finale play off tra il “suo” Ascoli e l’Ancona per la promozione in Serie B. Gol da brividi segnato nei primi minuti dei tempi supplementari con la corsa sotto la curva per festeggiare un tipo di gol che neanche il fratello famoso aveva mai segnato. Un gol vano visto che allo scadere l’Ancona pareggiò e, grazie alla miglior classifica in campionato dei biancorossi, andò in cadetteria.

Nessun cantante gli ha scritto un ritornello in cui si diceva che da quando non giocava più “non è più domenica”. Il suo l’ha fatto però Eddy Baggio da Caldogno, Vicenza. E chissà magari la sua vita (calcistica) sarebbe cambiata se invece di passare la palla al compagno Giraldi avesse calciato verso Marchegiani e segnato. La partita sarebbe comunque terminata 6-1 per gli azzurri, ma sicuramente il giorno dopo tutti avrebbero incensato Eddy, in gol nella stessa partita come il fratello.

Non lo sapremo mai, ma di tre cose siamo certi: Roberto ha avuto una carriera migliore di Eddy, il quale ha avuto una carriera migliore rispetto all’ex compagno Giraldi che non è riuscito, nemmeno lui, ad imporsi nel grande calcio mentre oggi di Eddy Baggio ci si ricorda così tanto da vedersi dedicato un pezzo.

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