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Il "Tacco di Dio" di Amantino Mancini

Il 9 novembre 2003, allo Stadio Olimpico, va in scena il Derby della Capitale valido per la nona giornata di Serie A. La Roma di Capello arriva alla partita da imbattuta con 18 punti in classifica in 8 partite, mentre la Lazio insegue a 16. Sulla panchina laziale siede Roberto Mancini, ultimo tecnico prima dell’era Lotito.

Come si sa, Roma-Lazio spesso vale una stagione e infatti sugli spalti sono ben 80.000 i tifosi presenti che fanno registrare il sold out.

In estate la Roma ha ceduto Cafù al Milan: uno dei migliori terzini destri di sempre, decidendo di puntare su un altro brasiliano. Decisamente meno conosciuto, visto che l’anno prima, nel prestito al Venezia in Serie B, è sceso in campo soltanto 13 volte (anche a seguito di alcune divergenze con il tecnico dei lagunari Bellotto). Con Capello, invece, il giocatore trova gran feeling e in breve tempo diventa il titolare. Il suo nome è Alessandro Faiolhe Amantino detto Mancini.

Proprio nel derby, quando il risultato è inchiodato sullo 0-0, Mancini decide di mettere la propria firma sulla partita con una magia straordinaria. Cassano batte una punizione dal vertice dell’area di rigore destra, Mancini si stacca dai blocchi e colpisce la palla di tacco spedendola all’angolino del secondo palo della porta difesa da Sereni: la Roma è avanti.

Sugli spalti, i tifosi romanisti impazziscono per la prodezza tanto che il gesto tecnico viene battezzato in telecronaca da Carlo Zampa come il “Tacco di Dio”.

“Fu una mossa dettata dall’istinto. Istinto puro. In quel momento era la cosa giusta da fare e per fortuna la palla andò in rete. Quando ho visto la sfera oltrepassare la linea, non ho più capito nulla. Mi sono tolto la maglia, ho cominciato a correre sotto la curva Sud e i miei compagni che mi venivano dietro. Il gol più bello della carriera.” dirà in un’intervista qualche anno più tardi Amantino Mancini.

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