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La Serie A finisce in manette

C’è una data e un’ora: le 17 di domenica 23 marzo 1980. Quel gior­no, in quel preciso momento, viene scritta una delle pagine più nere del calcio italiano. 

Quando i carabinieri si presentano nei principali stadi di Serie A per ammanettare alcuni tra i più famosi calciatori di Serie A, è chiaro a tutti che quello non è uno scan­dalo qualsiasi.

Non è qualcosa di improvviso. Perché la Procura della Repubblica di Roma, il primo marzo, raccoglie la confessione di Massimo Cruciani, un fruttivendolo che rifornisce il ristorante “La Lampara“ di Alvaro Trinca frequentato dai giocatori di Roma e Lazio. Cruciani riesce così a diventare amico di alcuni calciatori della Lazio, che gli propongono di truccare alcune partite, scommettendo sul sicuro.

Vengono così truccate, l'amichevole Palermo-Lazio dell'1 novembre 1979, poi le partite di campionato Milan-Lazio (2-1) del 6 gennaio 1980 e Lazio-Avellino del 13 gennaio (1-1). Di lì in poi però le combine non funzionano e nel giro di due mesi Cruciani e Trinca perdono centinaia di milioni. Così i due scommettitori, presentano denuncia alle autorità contro 27 calciatori e 12 società.

Vennero arrestati Pellegrini dell'Avellino, Girardi del Genoa, Cacciatori, Giordano, Manfredonia e Wilson della Lazio, Merlo del Lecce, Albertosi e Morini del Milan, Magherini del Palermo, Casarsa, Della Martira e Zecchini del Perugia. Altri ricevettero ordini di comparizione, tra cui Paolo Rossi del Perugia, Dossena e Savoldi del Bologna e Damiani del Napoli. 

A campionati conclusi viene resa pubblica la sentenza. Milan e Lazio retrocesse in Serie B, Avellino, Bologna e Perugia penalizzate di 5 punti nel campionato successivo. Molti calciatori vengono squalificati. Paolo Rossi riceve 3 anni, mentre Enrico Albertosi viene radiato.

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