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L'addio al calcio di Roberto Baggio

"Da quando Baggio non gioca più non è più domenica": le parole di Cesare Cremonini rievocano malinconia ripensando a colui che viene ritenuto il più grande giocatore italiano di tutti i tempi.

Il 16 maggio 2004 ha segnato la fine di un'era per il calcio italiano. Siamo al minuto 84 di Milan-Brescia, ultima di campionato. E' il giorno della festa scudetto del Milan e soprattutto l’addio al calcio di Roberto Baggio, celebrato sul palcoscenico della Scala del Calcio. Un intero stadio in piedi ad applaudirlo e a gridare il suo nome: non il suo stadio, o almeno non il 16 maggio, ma per le leggende del calcio funziona così. Finiscono per essere i campioni di tutti, oltre la maglia.

L'immagine di Baggio che abbraccia Paolo Maldini diventa il sigillo di un addio perfetto: il fermo immagine di un momento che molti avrebbero voluto non arrivasse mai. 

Lascia dopo 643 partite da professionista, da Vicenza a Brescia, dalla provincia alla provincia. Passando per Fiorentina, Juventus dove vince il Pallone d’Oro nel 1993, le annate a Milano (prima il Milan, poi l’Inter), intervallate dalla parentesi di Bologna, che lo rigenera e lo porta al Mondiale del 1998, fino al ritorno in provincia al Brescia di Carletto Mazzone, per un finale di carriera dove disegna ancora magie.

Baggio ha passato l'intera carriera con maglie che dividono, mentre lui ha continuato ad unire. Perché il Divin Codino è il giocatore di tutti, colui che ha fatto emozionare un'intera nazione per le sue gesta nelle "notti magiche" di Italia '90 e da eroe a USA '94.  

218 in Serie A, impossibili da contare gli assist. Il 16 maggio San Siro diventa immagine di una nazione che ringrazia il suo simbolo. Perché per anni l'Italia del calcio è stata Roberto Baggio.