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Gigi Riva rifiuta la Juventus

Attaccamento alla maglia. Un concetto che nel calcio dei giorni nostri, dominato dagli interessi dei procuratori, è andato quasi del tutto perduto. Ma andando indietro nel tempo possiamo trovare esempi significativi di cosa voglia dire essere legati a una maglia e a una terra.

Il protagonista è Gigi Riva, uno dei più grandi attaccanti della storia del calcio italiano in grado di condurre il Cagliari a vincere lo Scudetto nel 1970, primo e ultimo nella sua storia.

Proprio per questo, la Juventus il 14 luglio 1973 mette sul piatto ben 2 miliardi di lire, una cifra assurda e fuori mercato per l'epoca, più sei giocatori in contropartita tecnica fra cui Gentile, Bettega e Cuccureddu. Insomma, un'offerta che aveva un duplice scopo: sistemare le casse del Cagliari e garantire una rosa comunque competitiva.

Mentre il club sardo vuole chiudere l'accordo e spinge il giocatore verso Torino, la città ribolle opponendosi alla cessione. Ma è lo stesso Riva a rifiutare la proposta: “Mi vergogno per chi ha fatto queste valutazioni, tutti quei soldi per un giocatore sono immorali, sono un affronto alla povertà. Poi ormai mi sento sardo, non posso tradire questa gente“.

Con queste parole, Gigi Riva sbatte la porta in faccia alla Juventus rimanendo in Sardegna fino alla fine della sua leggendaria carriera calcistica diventando il simbolo di quella terra. Calcio di altri tempi.

Anni più tardi, in un'intervista, dirà: "Avrei guadagnato il triplo. Ma la Sardegna mi aveva fatto uomo, ormai era la mia terra ci ero arrivato a 18 anni. All'epoca ci sbattevano i militari puniti. Ci chiamavano pastori o banditi, oggi si scazzottano per fare le vacanze qua. Avevo 23 anni, la Juve voleva coprirmi di soldi, io volevo lo Scudetto per la mia terra. Ce l'abbiamo fatta, noi banditi e pastori"

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