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I figli di Napoleone

Il Bastia, sorpresa del campionato francese, parte alla conquista dell’Europa. Scoprendo che anche in casa propria può esistere una Waterloo.
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SC Bastia 1978 - Coppa Uefa - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Corsica. Isola verticale. In pochi chilometri si passa dalla spiaggia ai 2708 metri del Monte Cinto, che domina il territorio. Ogni strada che si percorre, qui, tende a salire. Qualcuna più dolcemente, altre come veri e propri muri.

La vita di qualsiasi corso si sviluppa allo stesso modo. In costante salita. Soprattutto per tutti coloro che decidono di lasciare questo piccolo angolo di paradiso terrestre per andare in Continente a fare fortuna.

Più di 200 anni fa un ragazzo, figlio di quest’isola, partì da Ajaccio e diventò famoso in tutto il mondo, come uno dei più grandi conquistatori della storia.

Nel 1978 un gruppo di prodi giovani, di composizione più eterogenea, ma comunque eredi dell’illustre predecessore, sono partiti invece da Bastia per provare a prendersi l’Europa e provare a far tornare il sole anche in un posto in cui il sole non manca (quasi) mai.

La rotta gliel’ha fornita l’isola, con quel “dito” (il Capo Corso) che punta deciso verso nord.

Nessuna Waterloo li ha mai fermati. Solo le bizze di un territorio probabilmente non abituato a certi palcoscenici.

Il “Lioni di Furiani”

Nonostante la propria fondazione risalga addirittura a inizio secolo, solo a metà degli anni ’60 il Bastia, club che si sente, un po' come il Cagliari qualche miglio più a sud, unico vero rappresentante calcistico dell’Isola, nonostante la compresenza del meno fortunato Ajaccio, riesce ad approdare nel professionismo del football francese.

Nel 1977 chiude addirittura il campionato di Serie A al terzo posto, inserendosi in un periodo di vuoto di potere, date le difficoltà delle superpotenze transalpine. Solamente il Nantes e il Lens riescono a mettere il musetto davanti ai ragazzi di mister Pierre Cahuzac, occitano di Saint-Pons che prima di allenare i “Lioni” ha trascorso 11 anni sulla panchina dei cugini dell’Ajaccio (e che dunque di “spirito corso” se ne intende eccome).

Il merito principale va a una delle più straordinarie coppie gol che il calcio francese abbia mai visto: quella formata da Francois Felix, detto “Fanfan” (il Bimbo) e dallo jugoslavo Dragan Dzajic, che al compimento del 28esimo anno d’età ha potuto finalmente lasciare la Stella Rossa e il proprio paese, come previsto dalle rigide normative di allora, per provare a sbarcare il lunario in quest’isola del Mediterraneo. I due segnano 44 reti in totale, equamente divise: 22 Felix, 22 Dzajic.

Per quest’ultimo però è troppo forte il richiamo della Stella. Così, dopo appena due stagioni trascorse distante, decide di tornare a Belgrado, costringendo il presidente Paul Natali a inventarsi qualcosa: sia per provare a ripetersi in campionato, sia per ben figurare nella Coppa Uefa che sta per iniziare.

Il Bastia centra un vero e proprio colpo di mercato, assicurandosi le prestazioni dell’olandese Johnny Rep, proveniente dal Valencia. Uno dei pilastri, fino a pochi anni prima, insieme a Crujiff, Neskens e altri dell’Olanda del Calcio Totale di Rinus Michels.

Ala imprendibile, di rara intelligenza tattica, capace di calciare indifferentemente con entrambi i piedi. Ha 27 anni ed è ancora nel pieno della propria carriera. Resta un mistero come nessuna delle altre big europee si sia interessata a lui.

In difesa è confermatissimo il capitano Charles Orlanducci, detto “Il Leone del Vescovato”. Corso di nascita, crescita e fede, capace di indossare per quasi tutta la carriera (eccezion fatta per un prestito per farsi le ossa al Red Star) la maglia turchina.

Nel corso della stagione emergeranno altri talenti, come quello del giovanissimo Jean Marie De Zerbi, diciassettenne solo omonimo dell’allenatore nostro connazionale, chiamato a sostituire in corsa il titolare Mariot, infortunatosi gravemente già ad inizio campionato; o come quello del marocchino Krimau, un vero e proprio funambolo, il classico incubo di qualsiasi difensore, per imprevedibilità, destrezza e fantasia

Il vice-Platini

Ma il vero fenomeno di quel Bastia gioca nel punto nevralgico del campo. È del 1949, ma con quel capello sempre più diradato dimostra almeno 10 anni in più di quanto non dica il documento di identità.

Corso pure lui, come Orlanducci, di Porto Vecchio, e capace, come il proprio capitano, di non separarsi mai dall’isola, dal Bastia e dallo stadio Furiani.

Claude Papi. Ancora oggi miglior marcatore nella storia dei Lioni.

Un giocatore arrivato persino a vestire la maglia della Nazionale, la prima volta nel 1973. Anche se chiuso, nel proprio ruolo, da un certo Michel Platini, e costretto quindi ad accontentarsi di poche briciole, appena 3 apparizioni.

Un campione che, come purtroppo spesso accade, il destino troppo presto ha poi chiamato a sé. Stroncato su un campo di tennis da un arresto cardiaco a soli 34 anni. A lui ancora oggi è intitolata la Curva Nord dello Stadio Furiani, a lui è intitolato lo stadio di Porto Vecchio, oltre che una piazza dello stesso capoluogo, non molto distante dalla casa di Lupino dove amava risiedere.

Papi gioca con classe e determinazione, anche per vendicare quella maledetta finale di Coppa di Francia persa contro il Marsiglia nel 1972. Dai suoi piedi transitano quasi tutte le azioni sviluppate dai Lioni. Ed è inevitabilmente ai suoi tacchetti che sono appese le speranze di un’isola che, per la prima volta, si affaccia impreparata al calcio europeo

Coppa Uefa di prestigio

Il cammino del Bastia nella Coppa Uefa 1977-1978 ricorda molto quello delle strade della Corsica: una costante, eterna salita.

Al di là di un quarto di finale piuttosto agevole, contro i turingi del Carl Zeiss Jena, dovuto soprattutto al 7-2 con cui i ragazzi di Cahuzac umiliano gli avversari all’andata (perché al ritorno vengono sconfitti 4-2, guai a sottovalutare i tedeschi), già dal primo turno, solitamente il più agevole, i corsi scoprono nell’urna del sorteggio un nemico imprevisto.

È vero, è una Coppa Uefa grandi firme quell’anno. Con autentici squadroni schierati ai ranghi di partenza provenienti dai vari ultra-competitivi campionati europei. L’Italia si propone come nazione favorita, schierando Fiorentina, Lazio, Torino e addirittura l’Inter. Bene anche la Germania, con il Bayern nobile decaduta accompagnato dai due Eintracht (Braunschweig e Francoforte), dallo Schalke e, appunto, dalla sorpresa Jena. Nemmeno da citare gli inglesi, in anni in cui Liverpool e Nottingham Forrest maramaldeggiano in Coppa dei Campioni: dalla Gran Bretagna Aston Villa, Newcastle, Ipswich e Manchester City sono pronte a continuare l’egemonia anglofona nelle coppe. Infine la Spagna, che può contare sul Barcellona di Crujiff, sui baschi del Bilbao, vice-campioni in carica, sconfitti solo dalla Juventus l’anno precedente, e dal piccolo Las Palmas.

Tutto in salita

Il primo turno il Bastia pesca il temibilissimo Sporting Lisbona. E fin da subito iniziano momenti amarcord di un calcio che non c’è più, con i lusitani increduli nell’apprendere che lo stadio dove hanno svolto la rifinitura, il piccolo Furiani, sarà anche il teatro della sfida, mentre erano convinti si trattasse solo dell’impianto per gli allenamenti.

Convinti di affrontare una squadra di semi-professionisti, i portoghesi vanno sul 2-0, salvo poi essere rimontati dalla straordinaria tripletta di uno scatenato Felix. Al ritorno c’è da fare i conti con la spinta dei 70 mila dell’Alvalade, ma dopo il gol di Manuel Fernandes, che pareggia il computo totale, in 3 minuti Rep e ancora Felix mandano avanti i corsi.

Al secondo turno va, se possibile, addirittura peggio: Newcastle United. Mai una squadra francese è riuscita a vincere in Inghilterra nelle Coppe Europee. Si punta tutto dunque sull’andata, ma al Furiani i Magpies vanno avanti dopo solo 8 giri di lancette grazie a Paul Cannell, il ragazzo di bottega. Papi poi prende per mano i suoi, e sigla prima il gol del pareggio, poi, all’ultimo secondo, pure quello della clamorosa vittoria.

Al St. James’s Park I Lioni non tremano, anzi. Dopo 3 minuti segna il 17enne De Zerbi, che aveva esordito proprio nella gara d’andata. All’ottavo è già 2-0, perché Rep proprio non si riesce a prendere. Quindi, dopo il gol inglese di Gowling, pure il 3-1 a firma ancora di Rep. Per un Bastia che forse ora si accorge davvero di poter scrivere la storia.

Terzo turno, il più duro di tutti. Orlanducci e compagni dovranno vedersela contro il Torino di Gigi Radice, da molti additato come favorito per la vittoria finale. Altra gara d’andata al Furiani, e altra partenza ad handicap, con il gol di Paolino Pulici su perfetto servizio di Sala. A pareggiare i conti ci pensa il solito Papi, poi Rep mette a segno l’1-2, prima di sbagliare l’impossibile nei minuti finali.

Con un risultato così al ritorno, al Comunale, è dura. Si gioca il 7 di dicembre, e il prato è imbiancato da una fitta nevicata. Ciò nonostante sono in 70mila sugli spalti, dei quali 15 mila arrivati direttamente dall’isola di Napoleone. Bastia in vantaggio con Larios, prima che sui ragazzi di Cahuzac si abbatta il ciclone chiamato Ciccio Graziani: doppietta dell’altro “gemello del gol” e punteggio di nuovo in parità. I corsi sono incerottati, ma il Torino rimane in 10, quando si fa male Mozzini a cambi terminati. Ci pensa allora Krimau, schierato in campo dal tecnico proprio per la situazione d’emergenza creatasi, a siglare la doppietta che permette non solo al Bastia di avanzare, ma anche di estromettere un’altra grande favorita per la vittoria finale.

Spazzato via ai quarti lo Jena, in semifinale l’urna torna a sorridere ai turchini. Da un lato del tabellone una specie di finale anticipata tra Psv Eindhoven e Barcellona, dall’altra il Bastia accoppiato al Grasshoppers: squadra svizzera di ottima tradizione, ma ben altra cosa rispetto a olandesi e blaugrana.

All’andata ai corsi non bastano le reti ancora di Krimau e del solito Papi. Vincono le Cavallette, più forti fisicamente, per 3-2. Al ritorno il Furiani è un acquitrino, attorno al quale sono assiepati ben più dei 10 mila spettatori che l’impianto potrebbe contenere. Il campo è una piscina di fango, tanto che l’arbitro Partridge, al momento del sorteggio palla-o-campo, perde addirittura la monetina. La gara si trascina fino al minuto 67, quando Papi segna uno dei gol più belli della competizione, spedendola sotto all’incrocio con un sinistro al volo da 20 metri, là dove il portiere svizzero Berbig non può proprio arrivare.

La regola, oggi abolita, dei gol segnati in trasferta permette al Bastia di accedere ad una storica finale. E la Dea Bendata pare aver definitivamente scelto di parteggiare per i corsi, dal momento che, nell’altra partita, il PSV Eindhoven riesce nell’impresa di eliminare il Barcellona, ma non sembra a nessuno un avversario imperforabile

Impatanati al Furiani

26 aprile 1978. Un uragano si abbatte su Bastia e sulla Corsica. Il campo del Furiani, che già di per sé non si presenta esattamente come un biliardo, è un enorme pozzanghera. È una partita che non si può nemmeno pensare di giocare.

Ma nello spogliatoio dell’arbitro Maksimovic entra un elegante delegato Uefa, a ricordare al direttore di gara che, di lì a breve, sono pronti a partire i Mondiali di Argentina del 1978. E che quindi quella partita, sul fango, sulla neve, sull’acqua o sul cemento, si deve giocare quella sera stessa.

Difficile fare un commento tecnico, con tiri verso la porta che si arrestano sulle pozzanghere. Il pallino del gioco rimane costantemente nelle mani del Bastia, ma il guizzo decisivo non arriva. Come l’illustre predecessore si fermò nella neve russa, durante la propria campagna di conquista, allo stesso modo quei suoi figli si devono arrendere alle intemperie, e all’inadeguatezza di un territorio che mai aveva fatto da scenario a gare di questo tipo.

C’è un ritorno da giocare, è vero. E questo Bastia ha dimostrato di essere capace di imprese straordinarie. Ad Eindhoven splende un beffardo sole, quel 9 maggio. I ragazzi di Cahuzac non hanno però smaltito mezza tossina delle fatiche dell’andata. Le gambe sono imballate, le fatiche di una stagione estenuante si fanno sentire eccome. Il PSV di Kees Rijvers, invece, sembra volare.

Era dai tempi del grande Reims e delle prime edizioni della Coppa dei Campioni, che una squadra francese non approdava a una finale europea. Allora ci si mise di mezzo il “grande Real” a cancellare le speranze di vittoria.

Stavolta basta un PSV qualsiasi. Van De Kerkhof, Deyckers, Van Der Kuylen. In circa mezzora gli olandesi chiudono la pratica e si portano a casa la coppa.

Il Bastia torna sull’isola a testa alta. E scopre che l’eco delle proprie imprese, al netto della delusione finale, non è passato inosservato nemmeno in una Francia Continentale solitamente piuttosto miope verso quell’angolo di mondo. L’Equipe, il quotidiano sportivo francese di riferimento, lo stesso che assegna ogni anno il Pallone d’Oro, scrive il titolo in pura lingua corsa, citando le righe del poeta Vittoriu D’Albreccia, recando onore a Orlanducci e compagni.

Gli unici, dopo Napoleone, ad aver fatto notare a tutti quanto sia difficile da piegare lo spirito di un corso.

Racconto a cura di Fabio Megiorin

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